Oggi, a Roma, nella Conferenza delle Regioni si terrà un confronto tra le Regioni ordinarie e le Province autonome sul tema dell’Autonomia differenziata. La trattativa tra il Governo e le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna che hanno chiesto maggiori competenze è ancora aperta: al Consiglio dei ministri del 14 febbraio scorso , a differenza delle attese, non si è arrivati ai testi definitivi.

La trattativa, dunque, è ancora aperta, e la Sicilia ha deciso di non restare a guardare. Alla Conferenza delle Regioni della settimana scorsa, il vicepresidente della Regione siciliana e assessore all’Economia, Gaetano Armao, aveva presentato la lettera sull’argomento, inviata dal presidente Musumeci al presidente Conte, insieme all’ordine del giorno del 20 febbraio che l’Ars ha approvato all’unanimità sul regionalismo differenziato. Affinché questo non danneggi la Sicilia, ciò che si chiede al Governo, in via prioritaria rispetto al riconoscimento dell’autonomia delle regioni del Nord, è che siano riconosciute l’autonomia finanziaria, sancita dallo Statuto, ma rimasta lettera morta lungo ben 72 anni, l’attivazione degli strumenti di perequazione fiscale ed infrastrutturale e il riconoscimento della condizione di insularità.

Dato che in ballo ci sono diritti come quelli alla tutela della salute, del patrimonio, dell’ambiente, l’istruzione, ecc., e insieme alla difesa degli interessi regionali si invoca pure il superiore interesse nazionale a preservare i valori di perequazione sanciti dalla Costituzione, non dovrebbe essere posta in cima alle precondizioni prima elencate la richiesta della necessaria definizione della disciplina attuativa del terzo comma dell’art.116, quello che ha previsto che tutte le regioni possono ottenere «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?.

In assenza di questa disciplina attuativa, infatti, il Governo, in perfetta continuità col precedente di centrosinistra (Gentiloni) sotto cui era stato avviato il negoziato, ha intavolato un confronto in proprio con le tre Regioni del Nord, del quale cioè non sono state rese partecipi le altre (che adesso, appunto, come la Sicilia rivendicano un ruolo), e ha adottato un procedimento che prevede, come quello per la conclusione delle intese con le confessioni religiose, che i testi definitivi, recepiti in un apposito disegno di legge, approdino alle Camere, cui non sarà concesso, però, di emendarli, ma di esprimersi in blocco sull’autonomia, sì o no. Il Governo Musumeci non ritiene che il Parlamento, dove siedono anche deputati e senatori siciliani, debba essere coinvolto in maniera adeguata nell’iter di approvazione?

Silvia Mazza storica dell’Arte