Si sono concluse venerdì 24 novembre scorso, con la celebrazione della Messa nella chiesa di Sant’Agostino a Roma, presieduta dall’arcivescovo di Monreale Michele Pennisi e concelebrata dal vescovo di Caltagirone Calogero Peri e monsignor Francesco Tasciotti, giudice istruttore per la Cause dei santi presso il Tribunale del Vicariato di Roma, le manifestazioni organizzate in occasione della chiusura della fase diocesana dell’iter processuale, per la beatificazione di don Luigi Sturzo.

Mons. Pennisi, oltre ad essere uno dei maggior studiosi del pensiero del prete di Caltagirone, è stato il Presidente della Commissione storica per la beatificazione di don Luigi Sturzo, incarico che si è concluso perché adesso la palla passa al vaglio della Congregazione delle cause dei santi, per un ulteriore studio e analisi da parte di teologi, vescovi e cardinali. Di ritorno da Roma di abbiamo posto alcune domande.

Innanzitutto, come è possibile proporre per gli onori degli altari un prete che si è occupato di politica? Si pensa comunemente che la politica se non è proprio una cosa sporca, certamente è spesso fatta di ambiguità e compromessi E allora perché Sturzo Beato?
Per dimostrare quanto chiaro avesse don Sturzo questo aspetto così delicato del suo impegno cito sempre un articolo da lui scritto nel 1942 che non a caso si intitola: É la politica cosa sporca? «La politica non è una cosa sporca? Pio XI, parlando dieci anni fa a dei giovani belgi, la definì «un atto di carità del prossimo». Infatti, lavorare al bene di un paese, o di una provincia, o di una città, o di un partito, o di una classe (secondo il rango politico che uno assume) è fare del bene al prossimo riunito in uno Stato, o città, o provincia, o classe, o partito”.

Ma potremmo dire che questo è compito di tutti?
Si, ma lui aggiunse: «Tutto sta nel modo di lavorare, nello scopo e nei mezzi. In ogni nostra attività noi incontriamo il prossimo: chi mai può vivere isolato? E i nostri rapporti con il prossimo sono di giustizia e di carità. La politica è carità». Vorrei aggiungere un altro esempio. Precedentemente, in un articolo, scritto durante l’esilio londinese nel 1938 e pubblicato in una delle più prestigiose riviste teologiche, la Nouvelle Revue Théologique, aveva detto, citando il medesimo avvenimento: «Ricevendo una delegazione di giovani belgi, il Papa Pio XI diceva loro che la politica bene intesa è una forma di carità. Questo principio è fondamentale in teologia morale, per quanto esso non lo sia, sfortunatamente, nella pratica, sia per quelli, talvolta i migliori, che si scansano dalla politica come da una cosa “sporca”, lasciandola ai cattivi(…); sia per quelli che, occupandosene, non si sentono più legati dalle leggi morali con le quali sarebbe assai difficile, per essi, fare della politica come la fa tutto il mondo (o meglio come la fa” il mondo”)».

Ci dica allora come è nata questa idea di beatificare Sturzo e come si è sviluppata.
Si è trattato di un iter lungo e complesso iniziato oltre venti anni fa grazie all’impegno del Centro Internazionale Studi Luigi Sturzo – soprattutto dei due presidenti che si sono succeduti Gaspare Sturzo e Giovanni Palladino – e che si è concretizzato nella costituzione del Tribunale diocesano nel 2002. In questi quindici anni il Tribunale ha ascoltato i racconti e i ricordi di ben 154 testimoni sparsi in Italia, Francia, Inghilterra e Stati Uniti, nazioni nelle quali il sacerdote siciliano visse e operò. Ne sono scaturiti 50 volumi. Passati al vaglio anche gli scritti, gli interventi e i discorsi del sacerdote.

E chi è stato ascoltato?
Tanti che l’hanno conosciuto o che ne hanno apprezzato le idee. Tra i nomi più noti ci sono per esempio quelli di Giulio Andreotti e di Gianni Agnelli, oltre a quelle di diversi politici democristiani.

E chi ha iniziato?
La causa venne aperta a Roma per competenza territoriale visto che Sturzo morì nella capitale nel 1959, a 87 anni. Fu il cardinale Camillo Ruini a farlo anche se, poco dopo, decise di sottoporre il fascicolo ad una verifica ulteriore, una specie di supplemento di indagine che sarebbe servita a sciogliere alcuni passaggi controversi della vita del sacerdote, per esempio il ruolo svolto come giudice dell’Alta Corte siciliana, oppure il ruolo di senatore a vita, un incarico ricevuto dal Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi.

Ma per la beatificazione occorrono i miracoli Che tempi si possono prevedere?
Per la beatificazione è necessaria la certificazione di un miracolo attribuito alla intercessione di don Sturzo. Difficile calcolare i tempi, forse occorrerà ancora qualche anno, ma la conclusione di questa prima fase lascia ben sperare.

Torniamo a Sturzo politico. Perché è attuale il suo pensiero?
La “carità politica” che don Luigi Sturzo non solo ha teorizzato ma ha praticato in tutta la sua esistenza sacerdotale, si rivela di grande attualità, in un momento in cui assistiamo ad un assenteismo nel partecipare alle elezioni e a un disinteresse e a un disamore nei confronti della partecipazione politica da parte soprattutto delle giovani generazioni, ad un diffuso sentimento antipolitico e ad una crisi dello spirito di solidarietà fra individui, classi e nazioni.

Quindi un antidoto anche al disinteresse odierno per la politica?
Prendere sul serio il nucleo fondamentale del pensiero di don Luigi Sturzo, come di altri esponenti del cattolicesimo sociale, avrebbe forse evitato rigurgiti integralistici, illusorie fughe secolariste, ubriacature politiche, spiritualismi ingenui, non si sa fino a che punto, nel demonizzare la politica.

Prima ha fatto riferimento al rapporto tra carità e politica. Può essere più chiaro?
L’importanza del contributo di Sturzo al problema del rapporto fra carità cristiana ed impegno politico non sta tanto nel fatto che egli abbia trovato delle formule magiche adatte ad ogni situazione e ad ogni ambiente e capaci di dipanare tutta una serie di questioni complesse, ma nell’aver indicato con la sua vita e con i suoi scritti una serie di orientamenti, che rimandano ad un impegno creativo e responsabile per realizzare una prassi politica animata dalla fede, vissuta come esigenza intrinseca dell’amore cristiano, in spirito di servizio e di dialogo con gli uomini del nostro tempo.

E la Chiesa in tutto ciò?
Nell’omelia della Messa che ho celebrato venerdì sera a Roma a conclusione delle manifestazioni ho detto che dobbiamo rendere grazie al Signore per aver donato all’Italia e alla Chiesa il servo di Dio don Luigi Sturzo che è stato assieme” un uomo di Dio e un sacerdote che si è fatto annunciatore e testimone dell’amore di Dio verso gli uomini”. E ho aggiunto che Don Luigi Sturzo con tutta la sua vita ha affermato il primato di Dio e non ha mercanteggiato con le cose di Dio, ma ha pagato di persona per il suo impegno per la verità, la libertà, la giustizia, l’amore e la pace. Egli ha vissuto una spiritualità incarnata nel contesto sociale del suo tempo ed ha esercitato la sua carità pastorale attraverso un impegno culturale, sociale e politico d’ampio respiro, animato dalla fede cristiana e ispirato al motto paolino, rilanciato da Pio X, di instaurare omnia in Christo. Mi consenta un’ultima citazione. Il Card. Angelo Amato in una omelia tenuta a Caltagirone disse: «Senza voler in alcun modo anticipare il giudizio ufficiale della Chiesa, devo però confessare che la lettura della vita e degli scritti di Sturzo ha costituito per me una piacevole sorpresa, facendomi scoprire uno straordinario ministro di Dio, che ha coniugato vangelo e politica, traducendo il suo ministero sacerdotale in carità politica. E’ un vero peccato che don Sturzo resti ancora poco conosciuto in Italia, quasi confinato in una sorta di secondo esilio».