Con la convocazione del padre della ragazzina palermitana vittima della “Blue Whale Challenge“, il gioco adolescenziale dalle origini ancora sconosciute e diventato ‘virale’ sul web, dopo l’estate entrerà nel vivo il processo in cui una 23enne risponde di atti persecutori, cioè stalking, e violenza privata aggravata.
Secondo l’accusa avrebbe costretto, con un complice di origini russe di 16 anni, una alunna di scuola media, ora 14enne, a infliggersi tagli sul corpo e ad inviarle le foto, come step iniziale delle 50 prove di coraggio.
Stamane alla prima udienza del dibattimento il giudice monocratico Angela Martone ha ammesso le prove testimoniali e documentali avanzate dal pm e dal difensore, l’avvocato Isabella Cacciari, tra cui anche l’interrogatorio dell’imputata, e ha rinviato al prossimo 18 settembre per l’esame del padre della giovane presunta vittima la quale, invece, allo stato dei lavori, non dovrebbe essere convocata in Tribunale per rendere testimonianza.
Quello per cui ora si sta celebrando il processo è il primo e unico caso accertato a Milano di Blue Whale.
La vicenda, per cui si sta celebrando il processo, è venuta a galla in seguito a una inchiesta sul fenomeno della ‘Blue Whale’ da parte di una giornalista che, fingendo di essere una minorenne pronta alla ‘sfida’, ha aperto un profilo sui social ed è entrata in contatto con una alunna delle scuole medie di Palermo, ai tempi aveva 12 anni, che, nell’estate di due anni fa per qualche mese, aveva cominciato a giocare per davvero con la giovane imputata.
Da qui la denuncia della stessa giornalista alle forze dell’ordine per segnalare i pericoli che stava correndo la ragazzina e l’avvio dell’indagine coordinata dal pm di Milano Cristian Barilli.
La ragazza di 23 anni, secondo la ricostruzione degli inquirenti e degli investigatori della Polizia Postale, tra il maggio e il giugno del 2017, avrebbe contattato la vittima mediante profili Istagram e Facebook come “curatorlady”, sostenendo di essere uno dei “curatori” del gioco, indicandole e imponendole i gesti da compiere, per altro concordati con un complice.
“Se sei pronta a diventare una balena – recita uno dei messaggi inviati all’adolescente siciliana – inciditi ‘yes’ sulla gamba, se non lo sei tagliati molte volte per autopunirti”. Inoltre la presunta “curatrice” avrebbe reiterato le “proprie minacce” e la propria “capacità intimidatoria” avvisando la 12enne di conoscere il suo “indirizzo IP di connessione”, cioè il luogo da cui si connetteva e quindi di poter “raggiungerla e di ucciderla qualora avesse interrotto la partecipazione alla ‘Blue Whale Challenge'”.
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