Salvatore Sorrentino, braccio destro di Settimo Mineo, l’uomo che voleva ricostruire la cupola mafiosa, dal carcere romano continuava a gestire la famiglia del Villaggio Santa Rosalia, quartiere periferico di Palermo al centro della nuova operazione della scorsa notte dei finanzieri del comando provinciale. Sorrentino dava previsi ordini al figlio Vincenzo di 23 anni per proseguire nella gestione degli affari e dirimere contrasti dentro la cosca.
La scorsa notte i finanzieri del nucleo di polizia economica e finanziaria, coordinati dalla Dda diretta dal procuratore Maurizio de Lucia, con l’operazione ‘Villaggio di famiglia’ hanno eseguito 33 ordinanze di custodia cautelare, 25 di queste in carcere, una ai domiciliari e 7 interdittive per esercitare attività imprenditoriali.
Gli indagati
Gli indagati nell’operazione Villaggio di Famiglia della Guardia di Finanza di Palermo. In carcere sono finiti Salvatore Sorrentino, 58 anni, Vincenzo Sorrentino, 23 anni, Leonardo Marino, 34 anni, Andrea Ferrante, 48 anni, Giovanni Cancemi, 53 anni, Alessandro Miceli, 28 anni, Pietro Maggio, 63 anni, Maurizio Sanfilippo, 63 anni, Roberto Barbera, 30 anni, Morris Morgan Cardinale, 41 anni, Paolo Maniscalco, 66 anni, Francesco Maniscalco, 35 anni, Silvestre Maniscalco, 44 anni, Federico Manno, 26 anni, Rosario Manno, 57 anni, Rosaria Leale, 33 anni, Christian Tomasino, 24 anni, Giampiero Giannotta, 28anni, Gaetano Sorrentino, 31 anni, Luigi Abbate, 28 anni, Luigi Abbate, 25 anni, Gianluca Bruno, 26 anni, Vincenzo Adelfio, 25 anni, Andrea Nicolò , 30 anni, di Reggio Calabria, Vincenzo Sparla, 40 anni di Marsala (Tp).
Ai domiciliari Simone Fiorentino di 36 anni. Misura interdittiva per esercitare attività imprenditoriale per un anno: Vito Lombardo, 41 anni, Rosario La Barbera, 53 anni, Angelo Stella, 30 anni, Giuseppe Galante, 40 anni, Natale Santoro, 46 anni, Alessandro Santoro. 44 anni, Giovanni Grillo, 35 anni.
Ditte sequestrate
Sono state sequestrate la ditta individuale Vito Lombardo il baretto, la ditta individuale Angelo Stella, Briatore cafè, ditta individuale Giovanni Grillo frutta e verdura, ditta individuale Rosario Manno preparazione del cantiere edile, ditta individuale Nicolò Fiorentino, trasporto merci, Man Service srls di Silvestre Maniscalco, trasporto merci.
Gli indagati sono accusati a vario titolo, dei reati di partecipazione e concorso esterno in associazione mafiosa, con l’aggravante dell’associazione armata, trasferimento fraudolento di valori al fine di agevolare cosa nostra, e traffico di stupefacenti con l’utilizzo del metodo mafioso. Con lo stesso provvedimento il gip di Palermo ha disposto il sequestro preventivo di 6 attività commerciali nel settore della ristorazione, del commercio al dettaglio di generi alimentari, del trasporto merci su strada e del movimento terra, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro. Per l’eseguire il provvedimento sono stati impiegati 220 militari della guardia di finanza, in forza ai reparti di Palermo, Caltanissetta, Agrigento, Siracusa e Trapani, che stanno inoltre effettuando numerose perquisizioni.
La rete di controllo al Villaggio
Le indagini, condotte dai finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo, con l’ausilio della polizia penitenziaria della casa circondariale Lorusso di Pagliarelli, avrebbero permesso di ricostruire gli affari e la rete di potere della famiglia del Villaggio Santa Rosalia inserita nel mandamento di Pagliarelli.
Salvatore Sorrentino avrebbe investito il figlio Vincenzo a capo della famiglia per prendere le decisioni strategiche necessarie alla prosecuzione delle attività associative. Grazie alle notizie che arrivavano dal carcere il presunto capofamiglia è riuscito a rintuzzare il tentativo di essere scalzato da altri componenti della cosca. In soccorso di Sorrentino è arrivata anche la tecnologia. Grazie alla videochiamata introdotta con la pandemia per agevolare le relazioni tra i detenuti e i congiunti, Sorrentino avrebbe convocato numerosi affiliati per impartire direttamente ordini e direttive, rafforzando la sua autorità attraverso la forza della propria immagine e ricevendo attestati di fedeltà nel rispetto del codice mafioso.
Come emerso dalle indagini la famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia avrebbe controllato e condizionato il tessuto economico del territorio. Nulla sfuggiva, dalla vendita ambulante dei pane con l’imposizione del prezzi di vendita dei prodotti alla fornitura in regime di monopolio dei fiori attraverso una rete di venditori palermitani nei pressi dei cimiteri di Sant’Orsola e Santa Maria dei Rotoli che favorivano le imprese ragusane, vicine ad esponenti mafiosi legati al clan stiddaro Carbonaro-Dominante di Vittoria (Rg).
L’apertura dei negozi avveniva dietro autorizzazione con l’imposizione di ditte e tecnici per la realizzazione di lavori nei locali commerciali. La famiglia controllava anche gli affari immobiliari, le aziende del settore edile e del movimento terra ed era sempre pronta a dirimere le controversie tra privati. Diversi affiliati tenevano la cassa della famiglia. Riserve di soldi contanti per potere assicurare il sostegno economico ai carcerati o a chi si trovava in difficoltà economica. Anche al Villaggio sono arrivati negli anni fiumi di cocaina dalla Calabria. Nel corso di indagini è stato ricostruito il pagamento di un grosso quantitativo di droga per circa 700 mila euro. I finanzieri in quell’occasione bloccarono un corriere con 7 chili di droga.
Percettori reddito
Venti dei soggetti finiti nell’inchiesta Villaggio di Famiglia della Guardia di Finanza di Palermo percepivano direttamente o tramite il proprio nucleo familiare il “reddito di cittadinanza”, beneficio verrà immediatamente sospeso.
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