Nuova bufera sul Consiglio di giustizia amministrativa. Da alcune ore sono in corso, su disposizione del gip di Roma Daniela Caramico D’Auria, misure di arresti domiciliari e perquisizioni per il reati di corruzione in atti giudiziari commessi in seno al Consiglio di Stato e al Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione Sicilia.

L’indagine è quella relativa a presunte sentenze pilotate presso palazzo Spada. Uno degli ordini di custodia cautelare riguarda l’ex presidente del Consiglio di Giustizia Amministrativa siciliano Raffaele Maria De Lipsis, accusato di corruzione.

Sono in totale quattro le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip di Roma nell’ambito dell’inchiesta della Procura su sentenze pilotate al Consiglio di Stato.

Ai domiciliari sono finti oltre a De Lipsis anche il giudice Nicola Russo, già coinvolto in altre vicende giudiziarie, l’ex giudice della Corte dei Conti, Luigi Pietro Maria Caruso e il deputato dell’assemblea regionale siciliana Giuseppe Gennuso. Per quest’ultimo l’ordinanza non è stata eseguita in quanto risulta al momento all’estero.

Il reato contestato è corruzione in atti giudiziari.

De Lipsis Avrebbe intascato una tangente per pilotare una delle tante sentenze che avevano come controparte clienti dell’avvocato Piero Amara, il grande regista del giro di verdetti aggiustati nell’ambito della giustizia amministrativa.

ll nome di De Lipsis era stato uno dei primi a finire nel mirino dei pm di Roma e Messina che da oltre un anno indagano sul giro di sentenze aggiustate nei processi che riguardano la giustizia amministrativa. Le sue sentenze, a cominciare da quelle sul contenzioso della Open land a Siracusa, sono state passate al setaccio dagli investigatori della Guardia di Finanza.

Secondo gli inquirenti, insieme ad un altro ex presidente del Cga Riccardo Virgilio, già finito agli arresti a febbraio dell’anno scorso, De Lipsis sarebbe stato tra i giudici sui quali Amara e il suo socio di studio Calafiore ricorrevano in favore dei loro clienti.

Con De Lipsis salgono a tre i giudici del Cga siciliano ad essere finiti agli arresti in un’inchiesta che, dopo le dichiarazioni di Amara e Calafiore, continua ad allargarsi a macchia d’olio e promette nuovi sviluppi.

A luglio, la Procura di Messina guidata da Maurizio de Lucia aveva ottenuto l’arresto di Giuseppe Mineo, anche lui accusato di corruzione in atti giudiziari.

L’ufficio stampa della Giustizia Amministrativa precisa che “nè a Palazzo Spada, a Roma, sede del Consiglio di Stato, nè a Palermo, presso la sede del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana, vi sono state oggi perquisizioni (in quanto i fatti riguardano magistrati non in servizio)”.E in una nota sottolinea che le misure cautelari “riguardano un ex magistrato, in pensione dal 2015 e un Consigliere di Stato già sospeso dal servizio dal 2017 (con misura cautelare disciplinare)”. “Da quanto si apprende dagli organi di informazione, in attesa di ricevere gli atti, per le eventuali ulteriori valutazioni di natura disciplinare, le misure cautelari di oggi riguardano sempre i medesimi episodi attribuiti a magistrati non in servizio”, conclude il comunicato.

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