La politica agostana è bella perché i colpi di sole sono ammessi. E frequenti. L’ultima boutade in ordine di tempo è firmata dal sottosegretario a 5 stelle Cancelleri. Ospite a Palazzo dei Normanni per presentare una misura di contrasto al caro voli da e per la Sicilia (e di questo rendiamo merito al politico grillino, pur essendo le risorse messe a disposizione probabilmente insufficienti), Cancelleri ha lanciato la sua proposta politica per la Sicilia.

Stiamo parlando di una regione che si appresta ad andare alla urne per rinnovare la sua Assemblea ed eleggere il suo presidente. Immagino che la proposta politica del Giancarlo regionale sia frutto di notti insonni, sofferenze ed atroci dubbi. Ma alla fine la geniale idea è stata partorita: la Sicilia come laboratorio politico. Caro Cancelleri, la sua non è esattamente una novità.

Nel corso della storia repubblicana si è radicato il mito di una Sicilia alla stregua di laboratorio politico capace di anticipare, sul piano territoriale, trasformazioni da riprodurre in seguito nel più complesso sistema politico nazionale. Questo mito ricorre da almeno sessanta anni.

Proprio qui in Sicilia si sono sperimentate formule politiche innovative: dal cosiddetto “caso Milazzo” che, nel 1958, portò alla collaborazione tra Pci e Msi, in chiave antidemocristiana, passando alla nascita di un centro-sinistra alla siciliana, capace di anticipare sul piano regionale l’alleanza tra democristiani e socialisti realizzata, sul piano nazionale, dal governo Moro-Nenni del dicembre 1963. Anche il compromesso storico è nato qui. Nel 1976, Dc e Pci iniziano a dialogare proprio in Sicilia. Ed infatti Cancelleri ha in mente ben altro: dar vita ad un laboratorio politico alla rovescia, immaginando cioè che si possa riproporre in Sicilia lo schema che oggi regge le sorti del governo nazionale. In pratica, tutti contro Giorgia Meloni.

Si tratta di riflesso pavloviano. Creare un arco politico così complesso e variegato – oltreché contraddittorio – è per Cancelleri ed i grillini tutti, l’ultimo disperato tentativo mascherato di restare aggrappati a poltrone e predellini del potere. Si intuisce chiaramente nel momento in cui è lo stesso sottosegretario ad ammettere che l’elettorato siciliano è in gran parte moderato.

Quella frase è l’ammissione di una sconfitta prossima ventura. Tanto vale, dunque, tentare di salvare il salvabile e presentarsi in forma di coalizione unica permanente. Esercizio di potere, non certo di democrazia. Ormai un classico della dottrina grillina.

Che si tratti di una missione impossibile, lo testimoniano le regole stesse delle elezioni in Sicilia. Partiti e movimenti si dovranno certamente aggregare per sostenere un candidato alla presidenza della regione. Ma la battaglia per eleggere i deputati si combatterà seggio per seggio, voto per voto. I grillini, questa volta, non potranno contare sull’effetto “Vaffa” firmato Beppe Grillo.

Anzi, probabilmente il “Vaffa” di tanti anni fa si trasformerà in un boomerang in grado di erodere la base elettorale conquistata dai pentastellati nel passato. Al governo del paese hanno mostrato tutta la loro inettitudine. Gli elettori li puniranno.

Sul piano delle modalità, infine, la teoria di Cancelleri è sballata perché un laboratorio si basa sul concetto di innovazione politica. Il sottosegretario vuole semplicemente replicare il modello marmellata in voga oggi a Roma. La classica minestra riscaldata. Difficile da trangugiare, anche per elettori, purtroppo abituati a tutto, come sono i siciliani.

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