La situazione resta drammatica perché non ci sono al momento concreti interventi per evitare l’ecatombe delle attività commerciali e imprenditoriali. Servono interventi immediati per salvare 4mila imprese siciliane dalla chiusura e 15mila dipendenti dalla disoccupazione. Bar, ristoranti, pasticcerie e altri piccoli esercizi rischiano di rimanere definitivamente sepolti dalle bollette di luce e gas. I

n questi giorni in arrivo quelle di agosto che segnano ulteriori aumenti fino al 700 per cento e che per molti esercenti somigliano al colpo di grazia. “Se non si interviene subito, a fine ottobre in Sicilia chiuderanno 4mila aziende – annuncia Dario Pistorio, presidente regionale della Fipe, federazione dei pubblici esercizi – significa altrettante famiglie senza un futuro insieme a quelle dei circa 15mila dipendenti coinvolti”. La Fipe insieme a Confcommercio lancia quello che rischia di essere l’ultimo allarme sul caro energia che sta divorando le imprese che stavano faticosamente uscendo dalla crisi della pandemia: “Il conto da pagare sta diventando troppo alto – continua Pistorio – le bollette raddoppiano da un mese all’altro rendendo vano qualsiasi tentativo di far quadrare i conti, le banche non concedono più dilazioni o nuovi fidi. Non rimane che chiudere”.

Presidente di Fipe Palermo

Qualcuno, per non chiudere definitivamente ha iniziato a non aprire: “Molti ristoranti lavorano solo la sera – racconta Antonio Cottone, il titolare de La Braciera presidente di Fipe Palermo – io, ad esempio, ho lasciato chiusa la sede invernale, in questo momento aprendola ci perderei invece di guadagnarci”. La situazione si aggrava da un giorno all’altro e la Fipe per il prossimo 15 settembre ha deciso per una protesta che coinvolga anche i loro clienti con “La Sicilia spegne le insegne” che vedrà al buio i locali isolani a partire dalle 20. “Ma molti per protesta – avverte Cottone – hanno già deciso di chiudere del tutto. Io spegnerò l’intero locale, la piazza di Villa Lampedusa sarà illuminata solo dalle candele”. Un’atmosfera romantica ma che evoca un buio più pesto che dai bar e ristoranti si allarga all’intero mondo delle imprese: “Soffrono gli artigiani e gli albergatori. Abbiamo fatto dei calcoli che hanno avuto risultati tragici – spiega il presidente regionale Confcommercio Sicilia, Gianluca Manenti – A luglio 2019 il prezzo dell’energia elettrica era di 65,92 euro per MegaWatt/ora, a luglio del 2022 si passa a 420,22 euro con un aumento del 537 per cento”.

Il sindaco Roberto Lagalla lancia un appello

Ma passa un mese e tutto si complica ancora: “Ad agosto 2019 il prezzo era sceso a 59,06. Nell’agosto di quest’anno siamo arrivati a 543,15 euro con un aumento del 700 per cento. Ma non interviene nessuno. Nessun governo, nazionale o regionale, sta intervenendo. Nessun candidato ci ha mai interpellato, eppure come Confcommercio esistiamo dal 1947”. Persino il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, lancia un appello ai candidati a Roma e in Sicilia: “Non posso credere che la politica non riesca a intervenire per evitare scelte dolorose” . Ma dopo la guerra e la speculazione è proprio la politica uno dei principali imputati: “Se questo non è un tema per la campagna elettorale, mi chiedo quale sia – protesta Giovanni Trimboli, presidente dei ristoratori di Catania – ma i politici litigano senza dare nessuna risposta. Non sembra servire a nulla neanche l’autonomia speciale della Regione. Si potrebbero tagliare molte accise senza aspettare Roma ma fino ad ora non si è visto nulla”.

Servono immediati sgravi fiscali

Le imprese reclamano soluzioni immediate ad iniziare dagli sgravi fiscali: “Bisogna agire anche sul costo dell’energia che in Sicilia paghiamo di più – ricorda Pistorio – noi vogliamo pagare le bollette come le abbiamo sempre pagate ma ci vuole un tetto”. Perché ci sono anche casi limite come il ristoratore che ad agosto ha spento i condizionatori e tre frigoriferi e malgrado ciò si ritrova una bolletta passata da 17 a 22mila euro.

Misure immediate

Le imprese chiedono misure immediate ma provano anche a agire a lungo termine puntando sulle rinnovabili. Ma anche in questo caso elencano gli ostacoli che si trovano davanti: “Stiamo da tempo lavorando sulle comunità energetiche – racconta Manenti – ci sono progetti pronti, soggetti giuridici già creati ma poi scopriamo che due aziende per essere nella stessa comunità devono essere allacciate alla stessa cabina elettrica. Un ostacolo assurdo che rischia di bloccare tutto. Ci vorrebbero poi incentivi agli investimenti, perché il ritorno economico si vedrà fra cinque anni”. Anche un semplice impianto fotovoltaico spesso diventa un problema: “Ci sono i vincoli della Soprintendenza – ricorda Cottone – e per i piccoli esercizi in città problemi di urbanistica e condominiali. Un iter che se va bene dura quattro mesi, troppo per chi rischia di chiudere”.

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