Mi rivolgo a Lei, caro Sindaco Orlando, perché la mia delusione e frustrazione non riguarda solo me, sono sicura che è un sentimento costante che la attanaglia come gestore della cosa pubblica da tanti anni in una città complessa e difficile come Palermo.

Certa che le mie preoccupazioni siano anche le sue, mi permetto di condividere con lei la spinta e la motivazione a rendere questa città pronta ai grandi passi che sta compiendo, rivelandosi meta di turismo di qualità, prossima capitale della cultura ed esempio di lotta alla mafia e alla criminalità.

Lei, che ha sostenuto, andando contro una gran fetta della popolazione, mobilità sostenibile, vivibilità del centro storico e pedonalizzazione crescente, credo abbia a cuore anche più di me il benessere dei cittadini che queste strade le percorrono quotidianamente e desiderano farlo in sicurezza ed in libertà. Ebbene, io, cittadina di adozione, ho scelto Palermo come mio secondo porto dopo la natia verde Irpinia, perché qui mi sono sentita accolta, compresa, sicura.

Questa città mi ha dato un lavoro, strano a dirsi, e mi sta permettendo di crescere come professionista e cittadina.

Dopo la prima fase di innamoramento che colpisce spesso chi si ritrova catapultato nella bellezza di Panormus ho scelto di rimanere e di investire il mio futuro qui, speranzosa di poter vedere realizzati aspirazioni e sogni.

Probabilmente si ricorda di me nelle varie occasioni in cui ci siamo incontrati, io nel ruolo di facilitatrice di processi educativi e sociali, lei pronto ad ascoltare e supportare gli sforzi della mia associazione che ogni giorno si impegna a dare un contributo per il cambiamento della nostra società.

Ebbene, nei nostri sforzi quotidiani rientra anche la mobilità, soprattutto se si sta riqualificando un bene confiscato fuori dal centro.

Come me, un numero sempre maggiore di concittadini ha scelto di investire nella mobilità sostenibile, abituandosi a schivare automobilisti frustrati dal traffico, facendo delle proprie biciclette le migliori amiche, perché garanzia di velocità, salute e versatilità.

Mentre reclamiamo un numero maggiore e più idoneo di piste ciclabili lottiamo quotidianamente contro il timore che quest’unico oggetto di valore ci venga sottratto contro la nostra volontà. A nulla basta assicurarsi di possedere le catene ritenute più sicure sul mercato, a tenerle sempre sott’occhio, a non lasciarle fuori di notte. Basta un’ora, in pieno centro, a mezzogiorno, e una bici, come tante altre, sparisce.

Per altri il danno può sembrare irrisorio ma per me e per tutti quelli come me porta con sé un significato più profondo, di pienezza nel vivere la propria città, di scelta consapevole a favore dell’ambiente e dell’aria che respiriamo, di possibilità di raggiungere il proprio luogo di lavoro, di non arresa.

E’ stata calcolata una media di 300 furti di biciclette l’anno a Palermo, il numero riguarda solo quelle denunciate, e, a quanto dichiara un agente del Commissariato Oreto – Stazione, da almeno un anno non ne viene ritrovata nessuna, nessun sequestro avvenuto negli ultimi dodici mesi.

Dove sono finite tutte queste biciclette? Lo sappiamo bene tutti, nei mercati di biciclette rubate, nei magazzini dei quartieri del centro storico o della periferia, nelle mani di altri cittadini che, consapevolmente o inconsapevolmente, si ritrovano ad acquistarle.

Sicuramente non tornano indietro ai propri legittimi proprietari, causando amarezza, perdita di fiducia nelle istituzioni e nella Sua persona, con una conseguente spinta allo spirito comune di adeguamento del “tanto funziona così, tanto non si può cambiare, tanto siamo a Palermo”.

Da qualche giorno io sto provando a non cadere in questo circolo, e a fare invece della mia rabbia e della mia frustrazione un motivo per impegnarmi ancor di più ad essere una cittadina attiva, onesta e consapevole. Per questo mi ritrovo a chiedere un segnale da parte Sua e delle forze dell’ordine che mi doni fiducia, che mi rassicuri che venga fatto tutto ciò che è nelle possibilità degli agenti per salvaguardarci, per offrirci un posto sicuro in cui vivere e muoverci senza paura.

So che la mia richiesta potrebbe essere additata come inopportuna, sproporzionata rispetto al danno subito ma sento il dovere di dissentire fortemente.

La giustizia e la legalità non si misurano in dinari ma in azione, partecipazione e impegno reale, di tutti. Partendo dal basso. Proprio grazie a questa mia profonda convinzione mi permetto di disturbare il suo lavoro e chiederLe un segnale, un esempio in cui gran parte della cittadinanza possa riconoscersi e a cui ispirarsi.

Lei conosce più di me certe dinamiche e questo le permetterà di scegliere gli interventi più opportuni. Certa di una sua condivisione e fiduciosa nel suo operato attendo insieme a gran parte della sua cittadinanza la sua risposta, non su carta, ma sulla strada.

15 dicembre 2017                                                                                                                                In fede

Irene Capozzi