La prima sezione penale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal boss ergastolano Benedetto Spera, 88 anni, contro l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Milano di differimento dell’esecuzione della pena per motivi di salute.
Il fedelissimo di Provenzano
Il capomafia di Belmonte Mezzagno, fedelissimo di Bernardo Provenzano, sta scontando la condanna in regime di 41bis. Avrebbe rifiutato di sottoporsi a interventi salvavita ritenendo che non avrebbero cambiato la sua qualità della sua vita da detenuto. Il Pg aveva chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso e la Cassazione, con sentenza 7927/2023, ha accolto la richiesta.
Rifiutò le cure
“Lo snodo giuridico da approfondire – scrivono i giudici – consiste nel rilievo da attribuire alla condotta del detenuto che rifiuti le cure, in modo da aggravare le proprie condizioni di salute, ed il rilievo che tale situazione assume in caso di mancante consapevolezza da parte del detenuto delle conseguenze di tale rifiuto”.
Non strumentalizzare le patologie
La Cassazione osserva che il “principio risponde ad una evidente esigenza di non strumentalizzare le patologie di cui si sia portatori, in vista del risultato di ottenere il differimento della pena” e “nella specie, non risulta che il rifiuto sia addebitabile allo stato di decadimento mentale in cui verserebbe il detenuto ultraottantenne, esaltato nel ricorso come uno dei profili dei quali il Tribunale di sorveglianza non si sarebbe curato”.
La Cassazione cita una nuova perizia del 9 giugno del 2022 che definisce Spera “lucido, vigile e senza deficit significativi”.
Per la difesa non è più in grado di autodeterminarsi
Per la sua difesa, rappresentata dall’avvocato Maurizio Di Marco, dalla documentazione clinica del carcere emergerebbe che Spera non ha più la piena capacità di autodeterminazione.
“Non si può paragonare il caso Cospito con quello di Benedetto Spera – sostiene il penalista – il mio assistito per vivere ha bisogno di un pacemaker. Non ha idea cosa sia, né tanto meno la capacità di comprendere l’importanza di questo intervento salvavita. La stessa procura di Milano ha compreso la delicatezza della situazione e ha nominato un tutore sanitario. Adesso i giudici di Cassazione hanno respinto il mio ricorso con motivazioni difficilmente comprensibili”.
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