Il gip di Palermo ha respinto la richiesta di scarcerazione avanzata da Francesco Mulè, il boss di Palermo arrestato nel blitz “Centro” del 15 dicembre scorso.

Il giudice non ha disposto una perizia medica per verificare le condizioni di salute dell’indagato, come richiesto gli avvocati Giovanni Castronovo, Marco Clementi e Valentina Clementi che difendono Mulè.

La scarcerazione e poi il nuovo arresto

L’esponente della famiglia di Palermo Centro era stato scarcerato il 29 dicembre, ma il procuratore aggiunto Paolo Guido e i sostituti Giovanni Antoci, Luisa Bettiol e Gaspare Spedale avevano quindi chiesto nuovamente l’arresto e il carcere per Mulè, che era nuovamente finito in cella il 6 febbraio. I difensori dell’indagato hanno impugnato quest’ultima decisione al tribunale del Riesame e quella legata all’arresto precedente in Cassazione. I giudici si pronunceranno nei prossimi giorni. Mulè è accusato, assieme al figlio Massimo, arrestato nell’operazione di dicembre, di aver gestito il clan.

Chiesto il rinvio per 42 persone

La Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio di 42 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione e intestazione fittizia di beni, traffico di armi e spaccio di droga. Il processo è stato chiesto per il boss Maurizio Di Fede, per Antonio Lo Nigro, Girolamo Amato, Vittorio Emanuele Bruno, Ludovico Castelli, Francesco Catalano, Paolino Cavallaro, Settimo Centineo, Antonino Chiappara, Giuseppe Ciresi, Giuseppe Cottone, Antonietta De Simone, Giovanni Di Simone, Vincenzo Di Fede, Gioacchino Di Maggio, Pietro Paolo Garofalo, Sergio Giacalone, Francesco Greco, Antonino Lauricella, Ignazio Lo Monaco, Salvatore Lotà, Domenico Macaluso, Tommaso Militello, Maria Mirabella, Michele Mondino, Rosario Montalbano, Antonino Mulè, Tommaso Nicolicchia, Francesco Oliveri, Giuseppe Olivia, Onofrio Claudio Palma, Umberto Palumbo, Giuseppe Parisi, Pietro Parisi, Vincenzo Petrocciani, Emanuele Pestifilippo, Leonardo Rizzo, Cosimo Salerno, Andrea Seidita, Gaetano Terrana e Luciano Uzzo e Girolamo Celesia.

L’inchiesta

Il gip non ha ancora fissato la data dell’udienza preliminare. L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido,
disarticolò i clan di Brancaccio e Ciaculli e fece luce su decine di estorsioni. Nel corso dell’indagine il boss Di Fede venne intercettato mentre imprecava contro i giudici Falcone e Borsellino, definiti «due cornuti», e ordinava alla sua
interlocutrice di non mandare la figlia alle commemorazioni organizzate per ricordare i due magistrati.

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