I giudici della quarta sezione, presidente Sergio Gulotta, hanno condannato sette persone e ne hanno assolto sei per l’inchiesta sul cimitero degli orrori a San Martino delle Scale. Gli imputati erano accusati a vario titolo per truffa, falsità in atti pubblici commesse da privati, falsità in certificazioni, violazione di sepolcro, vilipendio delle tombe, vilipendio di cadavere, occultamento di cadavere, distruzione, soppressione e sottrazione di cadavere.
Secondo le indagini dei carabinieri avrebbero distrutto a colpi di pala decine di bare, profanato tombe e buttato i resti di moltissimi defunti. Il tutto semplicemente per liberare posti all’interno del cimitero dei Benedettini di San Martino delle Scale – dove da almeno un paio di decenni gli spazi erano al completo – e rivenderli. Non a caso, quando a maggio del 2018 scattarono 4 arresti, i carabinieri avevano chiamato l’operazione “Cimitero degli orrori”. Adesso, a 7 anni da quel blitz è arrivata la sentenza.
Una parte delle contestazioni sono state dichiarate prescritte proprio per il troppo tempo trascorso, ma i giudici hanno riconosciuto anche delle provvisionali che ammontano complessivamente a 135 mila euro per i parenti di alcuni defunti che si sono costituiti parte civile nel processo.
L’imputato principale, Giovanni Messina, che sarebbe stato a capo della banda a conduzione famigliare che sarebbe stata operativa all’interno del cimitero, è deceduto nelle more del dibattimento, ma sono stati condannati alcuni suoi parenti, a cominciare dalla moglie, Erminia Morbini, alla quale sono stati inflitti 2 anni, a Salvatore Messina, classe 1980, 3 anni e 4 mesi, a Salvatore Messina, classe 1994, 3 anni e mezzo, all’operaio Antonino Campanella 2 anni e 8 mesi, a Luigi Messina 2 anni e 4 mesi, a Benedetto Messina 2 anni e 2 mesi, a Salvatore Cesare Messina 2 anni e 4 mesi. I giudici hanno assolto Rosalia Vitrano, Gioacchina Messina, Salvatore Messina (classe 1978) e i tre medici dell’Asp, Michele Amato (difeso dall’avvocato Salvino Pantuso), Salvatore Ciofalo e Francesco Paolo Sutera.
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