I carabinieri del nucleo investigativo del reparto operativo del comando provinciale di Palermo hanno eseguito 9 fermi, disposti dalla Dda, nei confronti di altrettanti esponenti ritenuti vicini al mandamento di Porta Nuova accusati di associazione di tipo mafioso; estorsione, consumata e tentata, con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’attività mafiosa e di essersi avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva; associazione finalizzata al traffico di sostanze, condotta posta in essere per conto del sodalizio mafioso nell’interesse dello stesso; spaccio di stupefacenti.

Tra i fermati anche padre e figlio da poco scarcerati

Fra i fermati ci sono anche Franco e Massimo Mulè, padre e figlio scarcerati dopo una serie di ricorsi.

Secondo le indagini coordinate dalla Dda sarebbero state documentate diverse riunioni di mafia in una sala da barba gestita da uno degli indagati a cui avrebbero preso parte i vertice della famiglia mafiosa di Palermo Centro (“competente” sui quartieri di Capo, Ballarò, Kalsa e Vucciria), inquadrata nel mandamento palermitano di Porta Nuova.

Le ricostruzioni

I carabinieri hanno ricostruito numerose estorsioni “a tappeto” sul territorio, di cui 3 contestate agli indagati. Per ridurre i rischi di denunce da parte dei commercianti, l’associazione mafiosa avrebbe realizzato, sistematicamente, l’imposizione di una lotteria abusiva, la cosiddetta riffa, obbligando all’acquisto dei biglietti i commercianti della zona e minacciandoli nel caso in cui questi non avessero aderito alla richiesta. I fermati si sarebbero occupato della gestione del territorio nella risoluzione di privati dissidi soprattutto nello storico mercato di Ballarò.

Avrebbero concesso la autorizzazione per l’apertura e la cessione degli esercizi commerciali nel territorio di loro “giurisdizione” criminale, al controllo del contrabbando di sigarette, alla gestione del regolare il funzionamento dei mercati rionali anche avallando o negando l’installazione di un ombrellone per vendere la merce. Al centro dell’attività il traffico di sostanze stupefacenti per sostenere le famiglie dei detenuti. In base alle indagini ci sarebbe una rigida regia mafiosa delle piazze di spaccio, nell’ambito delle quali opererebbero solo pusher preventivamente autorizzati dal sodalizio, i quali farebbero riferimento ai capi piazza che fanno spacciare solo la droga fornita da loro stessi. Il provvedimento di fermo è stato deciso anche per il pericolo di fuga di uno dei capi che sarà giudicato a breve nel processo d’appello su Cupola 2.0.

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