La cassazione annulla il diniego di permessi premio ad un condannato per stragi di mafia. L’ordinanza è quella con cui il tribunale di sorveglianza di Milano il 16 giugno dello scorso anno ha negato per la seconda volta il permesso a Giuseppe Barranca, 66 anni, di cui gli ultimi 25 trascorsi in cella. Fino al 2008 è stato in regime di carcere duro al 41 bis e adesso sta scontando nel carcere di Opera gli ergastoli per la strage di Capaci e per le autobombe del 1993 di Firenze, Roma, Milano: 10 le vittime. E’ quanto riporta oggi Qn.

I motivi della corte

La suprema corte, riferisce il quotidiano, avrebbe rilevato in particolare che la valutazione sull’eventuale concessione di un permesso premio a un mafioso deve prescindere dal suo pentimento e deve invece concentrarsi sull’attualità o meno dei legami con la criminalità organizzata, sulla possibilità che il detenuto condannato per 416-bis possa riallacciarli e sul percorso che ha seguito in carcere.

Il nuovo esame

La cassazione aveva disposto un nuovo esame dopo il primo diniego dei giudici milanesi, in base alla sentenza 253/2019 della consulta che ha dichiarato l’incompatibilità con i principi costituzionali dell’articolo 4-bis comma 1 dell’ordinamento penitenziario, nella parte in cui non prevedeva che ai condannati per associazione mafiosa (e non reclusi al 41 bis) potessero essere concessi permessi premio “anche in assenza della collaborazione con la giustizia” e pur in presenza di “elementi tali da escludere sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti”.

“Sentenza non tenuta in conto”

Per la cassazione il tribunale di sorveglianza di Milano non avrebbe tenuto abbastanza conto di questa sentenza se è vero, riferisce Qn, che il secondo “no” alla richiesta di Barranca avrebbe alla base “una motivazione dalla matrice spiccatamente eticizzante, che indulge in più punti a osservazioni ispirate da moralismi”. Pur sottolineando la condotta carceraria “ineccepibile” del condannato e citando la relazione del 14 giugno 2021 in cui da Opera hanno fatto sapere che Barranca ha riconosciuto “i propri sbagli” e ha preso coscienza “del proprio passato criminale e dei reati gravissimi commessi”, il tribunale di sorveglianza si sarebbe fermato “su posizioni di stigma della scelta di non collaborazione”.

Articoli correlati