E’ stata confermata con una sentenza della Corte di assise di appello di Caltanissetta la condanna per Vincenzo Galatolo accusato della strage Pizzolungo.

La sentenza dopo 37 anni

A 37 anni dalla strage di Pizzolungo, la Corte di assise di appello di Caltanissetta, presieduta da Andreina Occhipinti, ha confermato la condanna 30 anni per il presunto boss palermitano dell’Acquasanta Vincenzo Galatolo. Lo riportano diversi quotidiani. Nella strage di Pizzolungo persero la vita Barbara Rizzo, 33 anni, e i figli gemelli Giuseppe e Salvatore Asta, di 6 anni. Galatolo è stato indicato dalla figlia Giovanna tra i mandanti della strage.

Accolte le richieste dei pg

Il verdetto, arrivato dopo 3 ore di camera di consiglio, ha accolto le richieste dei pg Lia Sava e Antonino Patti. Per la strage di Pizzolungo sono stati già condannati all’ergastolo i boss Salvatore Riina e Vincenzo Virga quali mandanti, Baldassare Di Maggio e Antonino Madonia che portarono a Trapani l’esplosivo risultato uguale a quello delle stragi Chinnici e del fallito attentato a Falcone all’Addaura. Alla lettura della sentenza era presente Margherita Asta, figlia e sorella delle vittime. “Essere oggi in aula – ha detto – ha il significato di pretendere il diritto al riconoscimento della verità ma ha avuto anche il significato di dimostrare di come bisogna essere al fianco dei magistrati che lavorano per scrivere la verità”.

Accusato di essere stato il mandante dalla figlia

Imputato del quarto processo è Vincenzo Galatolo, accusato di essere stato il mandante dalla figlia, Giovanna. “Non appena il telegiornale diede la notizia — ha messo a verbale Giovanna Galatolo — mia madre iniziò a urlare: I bambini non si toccano. Mio padre le saltò addosso, cominciò a picchiarla, voleva dare fuoco alla casa”. “Avevo vent’anni – ha raccontato Giovanna – e a casa sentivo mio padre che diceva: ‘Quel giudice è un cornuto'”. Poi, si verificò l’attentato. La mattina del 2 aprile del 1985, poco dopo le 8:35, sulla provinciale che attraversa Pizzolungo, la mafia posizionò sul ciglio della strada un’autobomba per uccidere il sostituto procuratore Carlo Palermo che si stava recando al palazzo di Giustizia di Trapani a bordo di una Fiat 132 blindata, seguito da una Fiat Ritmo di scorta.  In prossimità dell’autobomba la macchina del pm fu superata da una Volkswagen Scirocco guidata da Barbara Rizzo che stava accompagnando a scuola i figli. La coupé si venne a trovare tra l’autobomba e la 132.

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