I carabinieri del nucleo investigativo di Palermo hanno eseguito due provvedimenti di confisca emessi dalla sezione misure di prevenzione del tribunale per 550 mila euro nei confronti di Letteria Caponata e Vincenzo Urso.

La richiesta della procura

Nel primo caso su richiesta della procura a Caponata Letteria è stata confiscata una società “G.L. Transport” con sede a Caltavuturo, che opera nel settore dei trasporti. L’azienda sarebbe riconducibile a Stefano Albanese arrestato nell’operazione “cupola 2.0” perché accusato di fare parte della “famiglia mafiosa di Polizzi Generosa.

L’’inchiesta “cupola 2.0” dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo, aveva sventato il tentativo di far rinascere la Commissione Provinciale di cosa nostra dopo la morte nel 2017 del suo capo indiscusso, il boss Totò Riina.

Beni per 200 mila euro sono stati confiscati a Vincenzo Urso, arrestato ad ottobre 2017, nell’operazione denominata “Nuova Alba”, della Compagnia di Bagheria, con l’accusa di aver fatto parte della famiglia mafiosa di Altavilla Milicia, in particolare nell’ordinanza di custodia cautelare viene contestato il ruolo attivo nelle estorsioni e nelle riscossioni delle somme di denaro destinate al sostentamento degli affiliati detenuti in carcere. La confisca riguarda un appartamento e un appezzamento di terreno ad Altavilla Milicia.

L’operazione a Messina

I Finanzieri del Comando Provinciale di Messina hanno eseguito un decreto di confisca emesso dal Tribunale di Messina – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica peloritana, relativo al patrimonio societario, mobiliare ed immobiliare, per un valore stimato di circa un milione di euro, riconducibile ad un soggetto imputato di appartenere all’associazione mafiosa denominata “clan dei barcellonesi”, diretta propaggine di “Cosa Nostra” siciliana.

Le indagini

Sulla base delle risultanze investigative, il soggetto colpito dal provvedimento, ex appartenente alla polizia penitenziaria ed ex gestore di note discoteche situate nel territorio di Milazzo, a seguito delle indagini di cui all’operazione  “Dinastia”, è stato condannato anche in secondo grado per il delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso e di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. La sentenza deve essere ancora vagliata dalla Corte di Cassazione.

Sulla scorta degli approfondimenti economico-patrimoniali condotti dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Milazzo, in sinergia con gli specialisti del Gico di Messina, viene riconosciuta, secondo ipotesi d’accusa e fatti salvi i successivi gradi di giudizio, la disponibilità di beni in misura sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati, e la prospettazione, avuto riguardo agli elementi reddituali e di fatto, che egli viva abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose.

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