Nei giorni scorsi, personale della Dia di Trapani ha notificato il decreto di confisca di parte del patrimonio immobiliare e societario riconducibile all’imprenditore Calcedonio Di Giovanni, originario di Monreale (Pa), ma con interessi economici nella provincia trapanese.
Allo stesso sono stati imposti anche tre anni di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di dimora nel luogo di residenza.
La proposta di applicazione della misura di prevenzione avanzata dal Direttore della Dia Nunzio Antonio Ferla, è stata accolta dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani, presidente Piero Grillo, che ha emesso il provvedimento sulla base delle indagini della Dia trapanese, d’intesa con il Procuratore Aggiunto Bernardo Petralia, coordinatore del “Gruppo Misure di Prevenzione”, della Dda di Palermo.
“Calcedonio Di Giovanni, – come spiegano gli investigatori – imprenditore assai attivo nel settore edilizio e turistico alberghiero, nei cui confronti, già nel 2014, lo stesso Tribunale di Trapani aveva sequestrato il patrimonio, pur non manifestandosi come un “affiliato” a Cosa Nostra, è risultato contiguo all’associazione mafiosa.
Gli elementi di prova riscontrati nel corso del procedimento di prevenzione hanno permesso di ricostruire come l’attività edilizia dell’imprenditore abbia avuto sempre dietro le spalle il contributo di Cosa Nostra della quale ha, peraltro, favorito il tornaconto patrimoniale”.
Vanno menzionati, in particolare, gli interessi nelle sue attività della famiglia mafiosa degli Agate di Mazara del Vallo, i rapporti con Vito Roberto Palazzolo, figura sicuramente collegata con interessi mafiosi.
Il patrimonio immobiliare realizzato da Di Giovanni, con risorse di ignota provenienza, tra cui rientra il rinomato villaggio turistico di “Kartibubbo”, sul litorale di Campobello di Mazara (TP), avrebbe ospitato in diverse occasioni pregiudicati mafiosi latitanti.
Negli anni più recenti, attraverso artificiosi meccanismi, Calcedonio Di Giovanni ha avuto accesso a rilevantissimi finanziamenti pubblici nazionali e comunitari coinvolgendo nei propri progetti anche interessi della mafia di Castelvetrano (TP).
Sotto il profilo patrimoniale, è stata accertata l’esistenza di una palese situazione di sperequazione fra redditi dichiarati Di Giovanni e la formazione del patrimonio, riconducibile, in gran parte, a proventi illeciti derivanti dai reati di lottizzazioni abusive, di truffe, di furti, di omissioni contributive, di fatturazioni per operazioni inesistenti e di bancarotta per distrazione.
Il Tribunale di Trapani ha quantificato in oltre sessanta milioni di euro il debito dell’imprenditore nei confronti dell’Erario per evasione fiscale.
Tra i beni in confisca anche società con sede in San Marino e Londra, coinvolte in complesse operazioni finanziarie collegate a grosse transazioni commerciali internazionali.
Il valore del patrimonio in confisca, consistente in oltre quattrocento unità abitative di varia grandezza e destinazione d’uso, è stimabile in oltre cento milioni di euro.
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