I giudici della Corte dei Conti presieduti da Vincenzo Lo Presti hanno condannato i dirigenti del Consorzio autostrade siciliano Gaspare Sceusa e Letterio Frisone a risarcire l’ente il primo per un milione di euro, il secondo con 115 mila euro.
Secondo la procura contabile diretta da Gianluca Albo i due dirigenti del Cas tra il 2012 e il 2013 avrebbero erogato in favore di numerosi dipendenti compensi a titolo di incentivi progettuali in assenza dei requisiti di legge. La procura regionale aveva avviato il procedimento dopo la trasmissione del consorzio dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare del sequestro preventivo emessa dal gip del tribunale di Messina nel 2017 nei confronti di 57 dipendenti del Cas.
Dipendenti che nel 2018 sono stati rinviati a giudizio. Gaspare Sceusa nel corso del dibattimento aveva respinto ogni addebito affermando che i beneficiari degli incentivi erano funzionari e collaboratori e che l’impiego del personale interno ha consentito un enorme risparmio di spesa pari all’80% delle somme che si sarebbero impiegate se si fosse ricorso a professionisti esterni.
Per i giudici le somme, percepite dai dipendenti del Cas a titolo di incentivi per la progettazione “non hanno – si legge nella sentenza – la comprovata la sussistenza dei requisiti minimi quali, da un lato, indispensabilità della progettazione in relazione agli interventi di manutenzione e la necessità della stessa per lavori di somma urgenza né, conseguentemente, il positivo accertamento delle specifiche attività svolte dai dipendenti apporto professionale meritevole di incentivo tanto meno in relazione a problematiche progettuali di particolare complessità , di cui non vi è traccia negli atti propedeutici e in quelli finali di liquidazione e di corresponsione dell’incentivo. Numerose sono poi, a parte la grave carenza motivazionale degli atti dispositivi della spesa, le irregolarità sistematiche dell’assoluta e reiterata trascuratezza dei suddetti presupporti che solo avrebbero potuto legittimare l’erogazione degli incentivi”.
La sentenza è di primo grado e potrà essere appellata.
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