Già vi chiedo scusa per quello che sto per scrivere. Col dramma vissuto dall’Italia sarebbe giusto astenersi dalle polemiche. E fare, dunque, esattamente come recita il nostro inno nazionale: “stringiamoci a corte”. A parole così fan tutti. Nei fatti, no.

Con tutto questo tempo a disposizione, ho la possibilità di dedicarmi a molte più letture rispetto al “solito”. A mio modesto avviso, emerge un fatto inquietante. Il livello dello scontro politico – seppur nascosto da forbite quanto formali dichiarazioni di bon ton – è di una violenza mai vista. Magari non nelle forme, di certo nei contenuti. Basta leggere tra le righe con attenzione ed in profondità, condendo il tutto con un pizzico di cinismo. Governo contro Regioni, regioni contro governo e burocrazia, sindaci con lo Stato e contro le regioni e viceversa.

Siamo entrati in modalità “fotticompagno”. Vi faccio un esempio concreto: quando Angelo Borrelli parla della necessità di un blocco sino al 16 maggio – con un messaggio lanciato a mezzo stampa dalla war room della Protezione Civile – nei fatti ha legato le mani a tutti gli altri attori, governo e commissari. Perché un fatto è evidente: chiunque tenti di anticipare o modificare quella previsione di lockdown, messa nero su bianco e affidati agli archivi digitali dei media, rischia, in un secondo momento neanche troppo lontano, di doversi assumere responsabilità, e non solo morali.

Così, la mente torna indietro al mortale minuetto andato in onda a reti unificate dai primi di febbraio sino al primo Dpcm di marzo: tutto e il contrario di tutto, apriamo Milano, chiudiamo Milano, abbracciamo un cinese, isoliamo un cinese, Milano non si ferma, Milano zona rossa. Potrei continuare all’infinito, regione per regione, città per città.

Come se non bastasse questo virus, il clima politico non promette nulla di buono. Per questo, imploro tutta la classe politica a fare un passo indietro. Siamo tutti colpevoli e siamo tutti innocenti. Per tutti noi, valga il commosso sentire del Presidente Mattarella, quando ci ricorda come il tragico tributo di vite umane stia cancellando una generazione intera, quella dei nostri nonni. Loro sì, avevano fatto la guerra. A noi si chiede soltanto di restare a casa.

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