- Mafia: omicidio Agostino; i giudici, “verità negata a famiglia”
- Ex poliziotto Guido Paolilli condannato a risarcire danno, distrusse documenti importanti
- Dovrà risarcire 22.746 euro ciascuno ai genitori di Nino, e 9.099 euro ciascuno ai tre fratelli.
“Fintanto che la verità è negata, perché si impedisce di raggiungerla, la verità è ‘stracciata’, come simbolicamente avvenuto con le ‘cose stracciate’ rinvenute a casa Agostino, ciò rende impossibile elaborare il lutto”. La verità come elemento da cui partire per elaborare il lutto: è il principio affermato dai giudici del tribunale civile di Palermo nella sentenza con la quale hanno condannato l’ex poliziotto Guido Paolilli a risarcire il danno da verità negata inflitto ai familiari di Nino Agostino, l’agente ucciso nel 1989 assieme alla mogie Ida Castelluccio.
Documenti scomparsi
Paolilli fece le prime indagini sul delitto e le perquisizioni in casa della vittima. Il padre di Nino Agostino – Vincenzo – che da anni chiede giustizia, riferì di aver saputo dal figlio che in un armadio dell’abitazione erano conservati documenti importanti e che il ragazzo gli aveva detto che se gli fosse successo qualcosa avrebbe dovuto prenderli. I documenti però non furono mai trovati.
Salvato dalla prescrizione
Paolilli è stato indagato per favoreggiamento con l’accusa di averli distrutti, ma la sua posizione è stata archiviata perché nel frattempo è arrivata la prescrizione. Intercettato mentre parlava col figlio nel 2008 disse che nell’armadio c’era una grossa mole di carte che lui aveva stracciato.
La “confessione” involontaria in tv
Paolilli, oggi in pensione, aveva accettato tempo fa di parlare con un giornalista, Walter Molino, di “Servizio Pubblico”, e aveva detto che Giovanni Aiello (alias “Faccia da mostro”) vendeva informazioni alla mafia. Era emersa una intercettazione ambientale in cui lui stesso Paolilli ammetteva al figlio di aver distrutto “una freca di carte che proprio io ho pigliato e poi ho stracciato”, riferendosi ai documenti nascosti nell’armadio di Nino Agostino.
La sentenza: dovrà risarcire la famiglia
“Nel caso in esame – scrivono i giudici – il diritto al risarcimento del danno degli attori, che in questa sede deve essere riconosciuto, è conseguenza della condotta illecita posta in essere dal convenuto (distruzione di cose della vittima di omicidio, e cioè di appunti manoscritti dello stesso inerenti l’attività di servizio, nell’ambito della conseguente indagine ad opera di un funzionario di polizia) e della conseguente lesione, ad opera di Paolilli, del diritto dei congiunti di Agostino al lutto. Lutto inteso quale esplicazione del diritto dei parenti di poter conoscere la verità sulla tragica fine di persone care”.
“Certo è che, comunque, la ricostruzione della figura della vittima, prima di tutto, per i parenti e, comunque per l’esito delle indagini penali, è stata mutilata dalla condotta del convenuto. – scrivono i magistrati nella sentenza – Tale condotta integra, al contempo, una forma di lesione della dignità della persona attraverso la negazione della possibilità di ricostruire le vicende che hanno interessato le persone care e, quindi, anche una offesa contro la pietà dei defunti”.
Il tribunale ha condannato Paolilli a risarcire il padre di Agostino e la madre, nel frattempo deceduta, con 22.746 euro ciascuno e i tre fratelli della vittima con 9.099 euro ciascuno.
Per il delitto è stato condannato in abbreviato all’ergastolo il boss Nino Madonia. L’agente, che collaborava con i Servizi Segreti, avrebbe scoperto i rapporti che il capomafia aveva con alcuni 007. Il boss Gaetano Scotto e un vicino della vittima, Francesco Paolo Rizzuto, sono ancora sotto processo davanti alla corte d’assise: Scotto è accusato di omicidio, Rizzuto di favoreggiamento aggravato.
I dubbi su Paolilli e La Barbera
La famiglia Agostino aveva citato Paolilli, chiedendo 50mila euro di risarcimento all’ex poliziotto, indagato per favoreggiamento in concorso aggravato nel 2008, procedimento poi archiviato per prescrizione. Non sopportano che Paolilli sia riuscito, avvalendosi della prescrizione, a non pagare per quello che ha fatto, distruggendo i documenti trovati a casa di Nino.
Dopo il delitto Agostino, l’allora capo della Mobile Arnaldo La Barbera, chiama Paolilli e da Pescara lo fa scendere a Palermo per effettuare le indagini. Dopo la perquisizione dell’armadio fatta da Paolilli si interruppe l’amicizia con gli Agostino.
Talpe e traditori
Paolilli, allora allarmato, chiamò a Bruno Contrada, dicendo “di averla fatta grossa questa volta, un’intervista che non era una intervista, mi sono lasciato andare perché pensavo che quelle cose là morivano senza registrazione”. Era l’11 maggio 2014. E Contrada: “Cosa hai detto?”. Paolilli: “Ho parlato di quell’Aiello che prendeva dentro e portava fuori”. “Per quale motivo le hai dette?”, chiese Contrada.
Commenta con Facebook