Il pm Nino Di Matteo ha rifiutato la proposta del Csm di lasciare Palermo per motivi di sicurezza. “Non sono disponibile al trasferimento d’ufficio – ha detto il magistrato – Accettare un trasferimento con una procedura straordinaria connessa solo a ragioni di sicurezza costituirebbe a mio avviso un segnale di resa personale ed istituzionale che non intendo dare”.

L’ultimo allarme è stato intercettato poco più di un mese fa, quando un mafioso, parlando in auto con la moglie, non sapendo delle microspie piazzate dagli investigatori, le raccomandava di non andare al circolo frequentato dal pm Nino Di Matteo.

“Perché – le diceva – lo devono ammazzare”.

Un episodio che ha indotto il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi a scrivere al Consiglio Superiore della Magistratura che ha riaperto la pratica per il trasferimento d’ufficio per motivi di sicurezza già avviato un anno fa. Convocato a Palazzo dei Marescialli, però, il magistrato ha deciso di non lasciare Palermo rifiutando la proposta dei consiglieri di andare alla Direzione Nazionale Antimafia, incarico a cui Di Matteo aspira da un po’ e per il quale ha già fatto due domande.

“Nel prendere atto del sofferto, oltre che legittimo, orientamento del dott. Di Matteo di non accettare un trasferimento da Palermo con una procedura straordinaria connessa solo a ragioni di sicurezza, manifesto la necessità che il Csm provveda in tempi brevi a modificare comunque la normativa regolamentare sui trasferimenti per ragioni di sicurezza.

“Così il consigliere Csm Renato Balduzzi, presidente della Commissione regolamento, che ha partecipato, come componente della III Commissione, all’audizione del procuratore Di Matteo.

“Attualmente – prosegue il prof. Balduzzi – è previsto che il magistrato trasferito per tali ragioni non possa essere assegnato né alle funzioni di consigliere o di sostituto procuratore generale presso la Cassazione, né a quelle di sostituto presso la Direzione nazionale antimafia, a meno che non abbia già esercitato in passato tali funzioni”.

Se “la ratio di tale norma – conclude Balduzzi – è di tutta evidenza per quanto attiene alla Cassazione, in quanto volta ad evitare che la presenza di ragioni di sicurezza finisca per scardinare il sistema dei concorsi per il conferimento di tali funzioni, quando le ragioni di sicurezza sono particolarmente forti, e dunque riferite all’attività di contrasto alla criminalità organizzata e a quella terroristica, appare contraddittorio consentire che possa essere trasferito alla procura di via Giulia solo chi vi abbia già prestato servizio, e non anche chi abbia svolto per anni una simile attività ad altri livelli”.

“Debbo dire, che pur nel rispetto della sua scelta, non posso non esprimere preoccupazione. La normativa vigente, infatti, non consente di effettuare trasferimenti senza il consenso dell’interessato”, ha detto Casellati. La Commissione aveva ribadito “la più ampia disponibilità ad adottare tutte le misure, nell’ambito delle proprie competenze, idonee a tutelare la sicurezza del dottor Di Matteo e della sua famiglia”.

Il M5S Sicilia condivide appieno le motivazioni che hanno indotto il magistrato Nino Di Matteo a rifiutare il trasferimento. L’allontanamento da Palermo avrebbe infatti sancito una sorta di resa istituzionale e trasmesso un pericoloso segnale di debolezza che avrebbero potuto generare pericolosi contraccolpi sul fronte della lotta alla mafia. Alla debolezza delle istituzioni si contrappone un uomo che non deve più essere lasciato solo. Lo Stato non pensi di essersi lavato la coscienza con la proposta avanzata, ma si attivi immediatamente per assicurare a Di Matteo le migliori condizioni di lavoro e il massimo grado di sicurezza possibili, in modo da consentirgli dl portare avanti il suo preziosissimo lavoro in serenità.