Ci sono anche alcuni palermitani tra le 223 persone identificate e denunciate ieri dalla Guardia di Finanza per avere acquistato abbonamenti pirata sul web che consentivano di vedere i contenuti delle principali piattaforme televisive a pagamento. Una operazione che per la prima volta mette al centro dell’inchiesta non solo chi fornisce i servizi pirata ma anche chi ne usufruisce.

Così tra le 223 persone una trentina sono siciliani e rappresentano la fette più grossa dei denunciati. In particolare, 10 sarebbero della provincia di Palermo i furbetti che adesso rischiano anche il carcere per aver guardato programmi televisivi a scrocco delle tv a pagamento.

La Guardia di Finanza li ha denunciati per ricettazione e per violazione dell’articolo 171 octies della legge 633/41, quella sul diritto d’autore. Gli scrocconi delle pay tv guardavano partite di calcio su Sky e Dazn, le serie tv su Netflix, i film su Mediaset premium e perfino la musica su Spotify, il tutto ad un costo medio di 10 euro al mese.

Nell’Isola, ha spiega, come dice il colonnello del Nucleo speciale, Salvatore Paiano, al Giornale di Sicilia, “c’è il maggior numero di persone denunciate dopo la Campania, con un’incidenza di oltre il 14%, mentre in tutto il Sud si arriva al 50% dei casi”.

Le indagini in corso hanno delineato una complessa organizzazione composta da decine di reseller e centinaia di clienti che, acquistando gli abbonamenti, non solo hanno fruito illegalmente della visione di eventi sportivi e altri contenuti audiovisivi, oltre ai palinsesti televisivi pay per view, ma hanno alimentato il circuito criminale.

E non finisce qui. Perché, acquistando quella tipologia d’abbonamento, il fruitore condivide con i criminali i propri dati personali, compresi quelli anagrafici e bancari, esponendosi quindi a rischi informatici. In caso di condanna, per la legge sul diritto d’autore, ai 223 denunciati, che “si sono resi responsabili del reato di ricettazione”, verranno confiscati gli strumenti utilizzati per la fruizione del servizio, ma le pene prevedono anche la reclusione fino ad otto anni e una multa di 25mila euro.