Ci sono due milioni di italiani residenti in 379 comuni che non hanno le fognature o il servizio pubblico di depurazione. Lo denuncia Legambiente, in occasione della III edizione del Forum nazionale Acqua “Una risorsa circolare”.
Scandalo fogne a mare e multe Ue
Grande tallone d’Achille è l’ormai cronica emergenza depurativa: sono quattro, ad oggi, le procedure di infrazione a carico dell’Italia, due delle quali già sfociate in condanna e che costano al Paese 6 milioni di euro all’anno. L’associazione ambientalista sottolinea “l’urgenza di definire un approccio circolare per una gestione della risorsa idrica più equa, razionale e sostenibile coinvolgendo il settore urbano, civile, industriale e agricolo”.
In termini di popolazione nazionale, circa il 26% è sottoposta a un forte stress idrico. L’Italia, inoltre, è in prima in Europa per prelievi di acqua a uso potabile con oltre nove miliardi di metri cubi all’anno l’Italia, ha una rete di distribuzione obsoleta e con forti perdite idriche e non ha ancora messo a sistema il riutilizzo delle acque reflue depurate.
Sicilia in testa
La Sicilia è la regione in testa per mancata depurazione, tanto che ha collezionato diverse procedure di infrazione.
Tra le ultime inchieste della magistratura, si ricorda quella che ha portato al commissariamento dell’Amap per fanghi e percolato non depurato e sversato in mare nei Comuni di Carini, Balestrate, Trappeto e Palermo. Numerose le opere finanziate dal Cipe nel 2012, ancora con fondi non spesi e opere non realizzate. Da qui il commissariamento nazionale.
Gli interventi da fare
Sono sei, per l’associazione ambientalista, gli interventi per una gestione idrica corretta: quelli strutturali separando le reti fognarie, investendo sullo sviluppo di sistemi depurativi innovativi e con tecniche alternative; incentivazione e defiscalizzazione come avviene per l’efficientamento energetico; prevedere l’obbligo di recupero delle acque piovane e installazione di sistemi di risparmio idrico e il recupero della permeabilità in ambiente urbano attraverso misure che di de-sealing; utilizzare i Criteri Minimi Ambientali nel campo dell’edilizia per ridurre gli sprechi; implementare i sistemi di recupero e riutilizzo delle acque; favorire il riutilizzo dell’acqua nei cicli industriali e garantire un servizio di depurazione dedicato per una migliore qualità dell’acqua di scarico.
“Gli investimenti delle utilities, che 10 anni fa si attestavano sui 0,5 miliardi annui – spiega Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia – oggi superano i 3 miliardi annui: la media nazionale è salita fino a 44 euro per abitante l’anno, un dato che però scende a 26 euro al Sud e crolla a 5 euro nelle gestioni comunali. Non a caso, il 73% delle procedure d’infrazione legate alla depurazione si concentra nel Mezzogiorno, dove in larga parte il servizio è gestito direttamente dai comuni”.
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