Il dottore Padrino Giuseppe Guttadauro, nonostante gli affari con la droga, si comportava come un ‘padrino’ vecchia maniera secondo le accuse mossegli dall’indagine dei carabinieri del Ros. Risolveva i contrasti non solo a Palermo ma anche nella Capitale dove godeva di grande considerazione in determinati ambienti.

Il boss risolveva i contrasti negli appalti

Fra le dinamiche di Cosa Nostra, nel corso della indagine sarebbe stato tra le altre cose documentato l’intervento di Giuseppe Guttadauro per risolvere i contrasti che erano sorti a Palermo sull’esecuzione di lavori che dovevano essere realizzati presso una importante struttura industriale nella zona di Brancaccio. Una mediazione condotta proprio dal figlio Mario Carlo su indicazione del padre. Un controllo del territorio vecchia maniera attraverso una sorta di tribunale monocratico di osa Nostra

Il boss dirimeva diatribe anche nella Capitale

Altro dato emerso dalle investigazioni è stata la “considerazione” goduta in determinati ambienti della Capitale da  Giuseppe Guttadauro al quale sarebbe stato richiesto di intervenire – dietro la promessa di un lauto compenso – per la soluzione di un contenzioso dell’ammontare di 16 milioni di euro che una facoltosa donna romana aveva con un istituto bancario.

Lui non avrebbe esitato a prospettare, in caso di esito infruttuoso del proprio intervento, di passare alle vie di fatto, incaricando qualcuno di malmenare chi riteneva stesse ostacolando la soluzione della vicenda.

Il boss intercettato critica i pentiti

Le intercettazioni hanno inoltre rivelato le aspre critiche mosse dal “dottore” alle nuove generazioni di mafiosi, innescate dalla notizia della collaborazione con la Giustizia di Francesco Colletti e la preoccupazione per le dichiarazioni di Filippo Bisconti, nonché l’esigenza, rappresentata apertamente al figlio, di “evolversi” pur rimanendo ancorati ai principi di Cosa nostra.

Il pestaggio per chi offendeva il figlio

Sono state, infine, ricostruite dagli investigatori le motivazioni di un pestaggio, che altri due indagati, su ordine di  Mario Carlo Guttadauro, avrebbero portato a termine il 25 ottobre 2016 nei confronti di un giovane palermitano, reo di aver accusato il giovane Guttadauro di condotte disdicevoli.

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