Finalmente l’economia siciliana presenta alcuni aspetti positivi tanto da titolare il 45.mo Report Sicilia “E quindi uscimmo a riveder le stelle”. Gli elementi positivi, per lo più dovuti ad interventi extra regionali ed alla situazione internazionale particolarmente favorevole, hanno portato ad una crescita dell’economia non eccezionale ma interessante. Il jobs- act del governo Renzi, facilitando l’ingresso nel mercato del lavoro di giovani ed adulti, ha portato ad un rilevante incremento dell’occupazione oggi stimato in oltre + 31.000 unità.
L’altro elemento che ha contributo positivamente è l’ottimo andamento dell’agricoltura e della filiera agricola che comincia a dare risultati interessanti nel comparto del vino, dell’olio e dei formaggi. Nel turismo si ha avuto un notevole incremento non ancora quantificato, probabilmente dovuto ai fatti verificatesi nella sponda Sud del Mediterraneo (Egitto, Libia, Tunisia). Un notevole contributo deve averlo dato anche l’utilizzo dei fondi comunitari , dovuto alla chiusura della programmazione ultima, Pertanto, la previsione Diste consulting per l’anno 2015 è dello 0,6% con possibilità che il dato consuntivo possa anche essere superiore. Un recupero non attribuibile all’andamento delle esportazioni che invece hanno subìto andamenti non particolarmente positivi. Peraltro, poiché l’economia siciliana aveva avuto un calo dal 2008 al 2015 particolarmente significativo, anche il recupero è stato di buone dimensioni come quello di tutto il Mezzogiorno.
E’ quanto si evince dall’edizione numero 45 del Report Sicilia, l’analisi previsionale dell’economia siciliana, realizzata da Diste Consulting per Fondazione Curella, illustrata oggi, nel salone delle conferenze dell’Associazione Siciliana della Stampa, a Palermo. Presenti il professore Pietro Busetta, presidente della Fondazione Curella, Alessandro La Monica, presidente del Diste Consulting, e Antonio Giordano, giornalista di Milano Finanza.
Dalle analisi svolte e dai dati disponibili sembra che per l’economia siciliana la recessione è finita già nella seconda metà dell’anno passato, anche se le famiglie continuano a stringere la cinghia, le imprese rinviano gli investimenti e le amministrazioni pubbliche pensano ad altro. La fine della crisi ha coinciso con l’innesco di una crescita da zero virgola. Il crollo è cessato e si comincia, seppur lentamente, a risalire la china.
“Ma con l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea – sottolinea il professore Busetta – il percorso è divenuto assai pericoloso, c’è il rischio di una incertezza pericolosa. le cui . L’arrampicata già difficile verso l’uscita dalla crisi potrebbe rivelarsi più accidentata di quanto previsto fino a pochi giorni fa. La fase di recupero avviata di recente – prosegue Busetta – è stata rallentata nel 2015 dal perdurare delle incertezze sulle prospettive di breve e medio termine, sia soprattutto dall’impoverimento del potenziale produttivo ereditato dalla crisi”.
Stando alle stime di consuntivo condotte dal Diste, nel 2015 il prodotto interno lordo ha registrato un incremento dello 0,6%, il primo dato positivo dopo otto anni di ininterrotte flessioni (+0,8% il PIL nazionale). L’ammontare del PIL rispetto all’anno pre/crisi, il 2007, risulta ridimensionato del 12% in Sicilia e dell’8% in Italia. Negli otto anni considerati il divario tra il PIL per abitante regionale e la media nazionale si è ingrandito: da -34,7 a -36,4%.
Il contributo dei settori alla formazione del prodotto è assai differenziato. L’apporto più consistente è offerto dall’agricoltura, con una crescita in termini reali del valore aggiunto del 7,7%. Al netto dell’agricoltura, e del turismo che è andato altrettanto bene, il recupero sarebbe più modesto. Il valore aggiunto dell’industria rimane sul livello dell’anno precedente (+0,1%). La crisi ha demolito quasi un quarto del potenziale produttivo della manifattura. Nel settore dei servizi l’attività si è risvegliata (in modo molto favorevole nel turismo), ma complessivamente stenta a prendere slancio, mostrando un recupero dello 0,3% e conservando un livello inferiore del 7% circa rispetto a otto anni prima.
Per il settore delle costruzioni l’incipiente cambio di direzione è limitato ad un +0,7%. Tra i grandi settori economici, che concorrono alla formazione del prodotto, il più colpito è quello delle costruzioni con l’attività quasi dimezzata nell’arco di otto anni (attorno a -44%). Sul fronte della domanda, resta prudente l’atteggiamento nei confronti della spesa, sia da parte delle famiglie sia delle imprese. I consumi aumentano dello 0,6% e restano su un livello più basso del 13% al valore pre/crisi. Gli investimenti registrano un +0,6%, senza influire minimamente sull’entità del crollo del 42% degli ultimi otto anni.
“Nel momento in cui si è fermata la recessione – spiega Pietro Busetta – abbiamo anche assistito ad un certo movimento anche sul fronte del mercato del lavoro. Abbiamo registrato un’occupazione che cresce del 2,3%, anche se qualcuno contesta che si tratta soprattutto tra gli autonomi, nei lavori precari e a scarsa redditività. Eccezionale risultato nel commercio, negli alberghi e nelle attività ricettive in genere, oltre che nella ristorazione dove l’aumento raggiunge il 6,5%”.
Il tasso di disoccupazione totale – aggiunge Alessandro La Monica – diminuisce di una piccola frazione di punto, a quota 21,4%. Il tasso di disoccupazione giovanile sfiora il 56%. Il tasso di mancata partecipazione (una sorta di tasso di disoccupazione allargato), che tiene conto oltre che del numero ufficiale dei disoccupati (368 mila) delle quasi 600 mila persone residenti che non cercano attivamente ma sono disponibili a lavorare, raggiunge il 41,5% superando di oltre dieci punti il dato del 2007”.
Le proiezioni per il biennio 2016/2017. La Brexit ha mandato in frantumi l’illusione che l’economia stesse uscendo, sia pure faticosamente, dalla crisi più profonda del Dopoguerra. Ora le prospettive di recupero sono divenute ovunque tutt’altro che rosee, dovendo fare i conti con gli scossoni generati dall’evento,. Il susseguirsi degli accadimenti saranno decisivi per capire se lo spettro della depressione è alle porte, o si tratta di un episodio di turbolenza destinato ad avere ripercussioni meno importanti da quelle fin qui formulate.
Nell’attesa che il quadro si schiarisca, il Diste ha elaborato le previsioni 2016/2017 senza ipotizzare ricadute più o meno gravi della Brexit. Le stime al netto di quelle che saranno le conseguenze, prefigurano un lieve rafforzamento della fase di recupero in atto, conforme alle attese enunciate per l’economia italiana. Per quanto è stato detto, e in considerazione della complessità della situazione, l’esercizio va interpretato con assoluta cautela: una indicazione di massima delle aspettative sull’andamento dell’economia siciliana immediatamente prima del referendum britannico.
Il prodotto interno lordo dovrebbe segnare una crescita prossima allo 0,8% nel consuntivo di quest’anno (+1,0% il dato nazionale) e attorno a 1,1% nel 2017 (+1,3% il PIL dell’Italia), beneficiando di una favorevole evoluzione della domanda interna.
Nell’ambito familiare si prevede una graduale rivitalizzazione dei consumi, stimati in crescita dello 0,9% quest’anno e dell’1,1% nel prossimo. Per le imprese dovrebbe profilarsi una riapertura del ciclo degli investimenti. La spesa in beni strumentali passa da un incremento in termini reali dello 0,6% del 2015 al 2,4% nel 2016 e 2,6% nel 2017. Per gli investimenti in costruzioni, agli stimoli derivanti dai lavori di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente si aggiungeranno nuove spinte dal lato delle opere pubbliche. Si stima perciò un incremento del 2% per quest’anno e del 2,5% per l’anno prossimo.
Il recupero delle componenti interne della domanda dovrebbe incoraggiare una progressiva, seppure moderata, intensificazione dell’attività, sia nell’offerta di beni che in quella di servizi.
Per l’occupazione si prevede una decelerazione della fase positiva avviata lo scorso anno, con un incremento che muterebbe dal 2,3% del 2015 a +1,1% nel 2016 e a +0,9% nel 2017. Per la disoccupazione sono attese ulteriori limature del tasso relativo, atteso scendere al 21,0% nel consuntivo 2016 e al 20,5% l’anno successivo.
“Una maggiore attenzione del governo regionale all’economia e non solo ai conti – conclude Busetta – potrebbe portare ad una crescita maggiore ed ad una maggiore perequazione dei redditi considerato che ormai le famiglie al di sotto della soglia di povertà sono aumentate notevolmente. Non si riescono ad attrarre investimenti dall’esterno dell’area, le start up innovative anche se numerose contribuiscono, con piccoli numeri all’occupazione e l’economia del turismo sembra crescere malgrado l’amministrazione regionale piuttosto che per merito. C’è bisogno di maggiore centralismo che consenta che i progetti importanti di infrastutturazione piuttosto che le linee guida dell’economia vengano fissate a livello nazionale passando dal disimpegno automatico alla sostituzione dei poteri”.
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