Tutti prosciolti i 24 indagati nell’ambito dell’operazione “Bloody mary” scattata nel novembre del 2020 per una presunta truffa a danno dell’Asp di Palermo nel trasporto di pazienti emodializzati. Così ha sancito un pronunciamento del Gip del tribunale di Palermo che ha archiviato ogni accusa. Già il tribunale del riesame prima e la cassazione dopo, a cui si erano rivolti con vari ricorsi gli indagati, avevano posto dei seri dubbi sulla base dell’indagine e sui riscontri documentali.

L’archiviazione

In pratica l’archiviazione arriva perché, sulla base dei riscontri, non ci sarebbe stata alcuna truffa ai danni dell’azienda sanitaria. Dunque sarebbe stato tutto in regola, quei pazienti emodializzati avevano effettivamente effettuato quei trasporti documentati e per cui vi erano stati anche i rimborsi.

L’indagine

All’epoca furono i finanzieri del comando provinciale di Palermo, su delega della Procura della Repubblica di Palermo, ad aver disposto 6 arresti e vari altri iscritti nel registro degli indagati. Le accuse a vario titolo furono di falso e associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati di falso, truffa ai danni dello Stato e frode nelle pubbliche forniture.

Nel mirino anche le onlus

Venne anche disposto il sequestro preventivo del patrimonio di alcune associazioni palermitane di volontariato, e tra queste l’Avel Emergency Leader Onlus e la Confraternita di Misericordia. Secondo l’accusa su cui si basava inizialmente l’operazione dietro a questo trasporto si nascondeva un’autentica attività d’impresa, gestita di fatto da soggetti pregiudicati per gravi reati, tra cui traffico di droga e mafia, che per ottenere il rilascio della necessaria certificazione antimafia avevano attribuito formalmente la veste di presidente ad un soggetto incensurato. Le fiamme gialle e la Procura parlarono di false certificazioni concernenti per poter accedere alle convenzioni pubbliche. Il presunto patto illecito, che oggi non trova conferme, secondo gli inquirenti sarebbe consistito nella creazione di chat su whatsapp. Prevedeva che i diversi partecipanti concordassero di rifiutare, adducendo false situazioni di indisponibilità, l’accettazione del trasporto “collettivo” dei pazienti, rendendosi disponibili solo al più remunerativo “trasporto singolo” dei malati, ingannando così l’Asp.

Articoli correlati