Dopo il caro biglietti e il rischio di non riuscire affatto a tornare è tempo di bilanci e di “cari” che se ne vanno. Cari intesi come figli o genitori, come fratelli e cugini, come zii, nonni che tornano verso quel Nord o verso quei paesi comunitari e non dove vivono lontano dagli affetti e dalle radici.

L’Epifania non porta via solo le feste, ma strappa via anche i ragazzi del Sud dalle loro famiglie. Oggi è tempo di ritorno, di saluti, di lacrime e di abbracci, di quei “ci vediamo a Pasqua”, o tra qualche mese, sussurrati a mamme, papà e nonni col volto pieno di lacrime. Le scene sono le stesse in tante case: il bentornato dopo aver riempito il frigorifero di tutti i loro cibi preferiti, dato aria alle loro camerette e tirato fuori lenzuola fresche di bucato per prepararsi all’abbraccio e celebrare il sacro ritorno, officiarlo e renderlo solenne, ora dopo qualche giorno è già il tempo dell’arrivederci.

Non c’è gioia, solo un pizzico d’orgoglio, nel vedere quei figli e nipoti partire per tornare dove si sono costruiti una vita, il loro futuro, o stanno cercando di farlo. Una scelta quella di farlo lontano dalla Sicilia, certo, ma spesso, troppo spesso, non è proprio una scelta, è proprio un obbligo. Non è così da oggi, dal 2024, ma da tanto, troppo tempo. L’epifania dunque svuota città e cuori, con una valigia piena di odori, sapori e appartenenza.

Il dramma del caro voli

E beato chi è potuto tornare a casa, chi se l’è potuto permettere, e se anche ci sono riusciti, quanta pazienza! Beato chi è riuscito a prendere l’aereo. Quello del caro voli a molti può sembrare una notizia per distrarre le masse, qualcosa a cui non dare troppa importanza, ma non è così.

Spendere 700-800 euro per un volo andata e ritorno per la Sicilia, durante le feste, vuol dire rinunciare a quasi un mese di stipendio, in molti casi, e parliamo di ragazzi che non hanno famiglia. In quel caso, parliamo di una media di quattro persone, ce ne vorrebbero anche più di 2000: semplicemente impensabile. I più cinici dicono: “Non si deve stare per forza insieme a Natale e Capodanno”, ma vaglielo a dire a chi già si vede poco e nulla, a chi ha genitori anziani, che magari ci sono queste feste, l’anno prossimo chissà. Natale spesso vuol dire aprire non solo i regali, ma per chi è cresciuto al Sud e poi è andato al Nord, vuol dire anche scartare la scatola dei ricordi, gustare i sapori locali, rivedere i paesaggi e i panorami persi, riconciliarsi con le origini, la propria appartenenza.

E dunque, per fare tutto questo, per quell’abbraccio e quei sapori, famiglie e ragazzi sono stati costretti a viaggi della speranza, giorni in macchina tra un traffico infernale, incidenti, code, attese infinite per i traghetti, ma poco importa ripensando a quello che li attende. Oggi il percorso contrario, col cuore denso di tristezza, pesantissimo.

Generazioni in fuga

I dati d’altronde parlano chiaro: il 28,6% delle persone giovani del Sud Italia migra verso Nord per affrontare il proprio percorso universitario. Una dinamica che, nel corso degli ultimi anni, è perfino in crescita: basti pensare che, nel 2013, questa quota si fermava al 23,2%. Oltre il 50% delle iscrizioni ai corsi di laurea magistrale avviene in quattro grandi città: Roma, Milano, Bologna e Torino. La migrazione per studiare all’università è spesso un processo irreversibile. Dalle aree interne del Sud ci si allontana per studiare. Ma, una volta che il percorso formativo è terminato, non ci si fa più ritorno

A un anno di distanza dal momento della laurea di secondo livello, il 47,5% dei giovani del Sud lavora in un’area geografica diversa rispetto a quella di residenza. Nel 32,3% dei casi, si sceglie il Nord. E chi invece nel Nord risiede? Si sposta solo nel 6,1% dei casi (sempre considerando i dati sui laureati di secondo livello). E peraltro, sceglie prevalentemente di andare all’estero.

Al Sud 71,5% giovani vive in famiglia, 49,4% la media Ue

Non solo: i giovani del Mezzogiorno hanno un percorso più lungo e complicato verso l’età adulta. Si dilatano notevolmente i tempi di uscita dalla casa dei genitori, di formazione di una famiglia propria, della prima procreazione. Nel Mezzogiorno il 71,5% dei 18-34enni nel 2022 vive in famiglia (64,3% nel Nord Italia; 49,4% nell’Ue a 27), con un forte aumento rispetto al 2001 (62,2%). Solo perchè sono mammoni? Non solo: spesso non si trova lavoro, e non si può fare altro.

Gli slogan in campagna elettorale

Uno degli slogan più sentiti in praticamente tutte le campagne elettorali è quello di far tornare i giovani al Sud, o quantomeno farli rimanere. Fantascienza, allo stato attuale delle cose. Il dislivello tra le due parti dell’Italia (per non parlare con l’estero) è semplicemente spaventoso. Le opportunità che ti offre il grigio Nord non sono semplicemente paragonabili, a quello che ti offre la pur amata Sicilia, il Sud in generale. Inutile nasconderci. Lassù sarà grigio, freddo e nessuno ti regala nulla, il costo della vita è aumentato a dismisura e si deve tirare la cinghia, ma spesso si ha un’opportunità, quella vera. Dopo gli slogan spesso arrivano le alzate di spalle, come succede spesso in Sicilia: è sempre stato così, sarà sempre così. Ed è per questo che per chissà per quanto tempo l’Epifania sarà anche la festa della sparizione. Quella dei ragazzi dalle loro famiglie.