“Se il Parlamento non approverà in tempi brevi la riforma dell’art. 4 bis della legge sull’Ordinamento Penitenziario anche ai mafiosi che non hanno mai voluto collaborare con la giustizia potranno essere concessi benefici come per esempio la liberazione condizionale. Non possiamo permettere che la collaborazione sia privata di ogni valore”. A lanciare l’allarme è Carmelo Miceli, deputato siciliano del Partito Democratico, componente delle Commissioni Giustizia e Antimafia.

Una riforma necessaria e urgente, termine ultimo l’11 maggio

“È fondamentale – dice Miceli – che il Parlamento si dia l’obiettivo di completare urgentemente il percorso per la riforma con quella stessa maturità e concretezza che hanno portato alla rielezione del Presidente Mattarella. La Corte Costituzionale, infatti, ha dichiarato illegittimo l’attuale sistema ma ha indicato l’11 maggio come termine ultimo per superarne l’incostituzionalità”.

“Un’offesa alla memoria delle vittime di mafia”

Poi aggiunge: “Un Paese che, per usare le parole del nostro Presidente della Repubblica, ha il dovere di ritrovarsi sul concetto di ‘dignità’ non può permettersi di fare finta di non capire e non vedere che non potrebbe esistere offesa più grande alla memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, alla memoria di Francesca Morvillo e delle donne e degli uomini delle loro scorte e alla memoria di tutte le vittime innocenti di mafia, consentendo proprio nel trentennale delle stragi di Capaci e via D’Amelio una scriteriata concessione di benefici a tutti quei mafiosi che, per libera e incondizionata scelta, non hanno mai collaborato con la giustizia”.

La richiesta della moglie del caposcorta di Falcone

“Allo Stato chiedo giustizia. Si parla di benefici per i mafiosi, ma i benefici devono essere dati anche a noi. Vengono sempre prima loro e questo non va bene perché ci fa vivere male. Non stiamo parlando di detenuti comuni, ma di chi chi ha fatto cento, duecento omicidi. Io sono garantista ma non significa che queste persone vengano scarcerate”. Lo ha detto qualche giorno fa Tina Montinaro, moglie di Antonio, poliziotto caposcorta di Giovanni Falcone, ucciso nella strage di Capaci, intervenendo ad un convegno organizzato dall’associazione Quarto Savona Quindici sull’ergastolo ostativo.

“Pentiti? Per noi non c’è giustizia”

“Il carcere – ha osservato la donna – deve essere rieducativo, ma questi vanno fuori, fanno i filosofi e ti ridono in faccia. Mio marito proteggeva un uomo di Stato ed io cerco di portare avanti la sua memoria. Non bisogna dimenticare queste persone e neanche quelli che li hanno uccisi. La maggior parte di loro si sono dichiarati pentiti; vogliamo contare quanti sono dentro tra quelli che hanno fatto le due stragi? Per noi non c’è giustizia”.
Tra i pentiti celebri della strage di Capaci c’è Giovanni Brusca, che ha già scontato 25 anni di carcere ed è tornato libero in base alla legge sui pentiti, voluta proprio da Falcone, che prevede benefici ai collaboratori di giustizia.
Tina Montinaro ha poi invitato a “non far passare i familiari come persone vendicative che vogliono la pena di morte. Ognuno deve scontare la pena per quello che ha fatto; non è successo per caso, hanno deciso chi doveva vivere e doveva morire”.

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