Le parole della politica palermitana non hanno sortito effetto, anzi hanno solo dato luogo ad un’esplicitazione di quello che era già ovvio. Piombano pesanti le parole del presidente della Federcalcio Gabriele Gravina, a margine del Consiglio Federale odierno della FIGC in cui il dirigente spiega i motivi che hanno portato a decidere l’esclusione della città di Palermo dal progetto Euro 2032. Parole con le quali, almeno per il momento, l’esponente della federazione chiude la porta ad un possibile rientro del capoluogo siciliano nell’alveo delle città prescelte.

Un “no” ribadito e dettato dall’impossibilità di potere includere due Isole all’interno progetto. “L’Italia è un paese geograficamente complesso: un’organizzazione che coinvolgeva due isole avrebbe penalizzato la nostra candidatura”. E, nel confronto diretto fra Palermo e Cagliari, ne sono usciti meglio i sardi, più avanti nella progettazione e nell’esecuzione dei lavori di ristrutturazione dello stadio Sant’Elia. “La scelta è caduta su Cagliari perché ha presentato un progetto in stato molto avanzato, c’era stata anche un richiesta ufficiale da parte della stessa comunità per rientrare nella candidatura, ampliando il numero di spettatori”.

La proposta di Cagliari preferita a Palermo

Il pacchetto offerto da Cagliari è più appetibile di quello di Palermo, città che paga un’assoluta arretratezza, confermata anche dai principali attori politici del capoluogo siciliano, degli impianti sportivi. “Lo stadio Renzo Barbera è un cadavere che resuscitiamo ogni giorno”, aveva perfino dichiarato l’assessore allo Sport Sabrina Figuccia, intervenuta ai nostri microfoni per commentare l’esclusione del capoluogo siciliano dalla candidatura di Euro 2032 avvenuta una settimana fà. Una sconfitta per tutta la città e il suo indotto, che brucia particolarmente e alla quale, almeno per il momento, pare difficile porre rimedio.

Dalla FIGC infatti continua la sagra dell’ovvio, con Gravina intento ad indorare la pillola “Palermo rientrerà comunque tra le città che supporteranno il cammino che stiamo seguendo per portare a casa questo risultato”. In quale ruolo, almeno per il momento, non è dato saperlo. Anche se, è chiaro ed evidente a tutti, che sarà una parte da comprimari. Insomma, Palermo è stata messa in panchina. E poco ci si può consolare con un’espressione che sembra quasi richiamare a quella del “panchinaro di lusso” tipicamente calcistica.

Così come il fatto che, nella stessa situazione di Palermo, ci siano altre città. “Capisco l’interesse e questo dà grande forza alla nostra scelta. Oltre a Palermo ci sono tante altre realtà che hanno chiesto di partecipare attivamente e questo è un motivo in più per portare a casa gli Europei”, ha commentato Gravina, che comunque dovrà aspettare adesso la decisione dell’UEFA, attesa per ottobre. Battere la concorrenza della Turchia, comunque, non sarà facile. Il paese anatolico è infatti più avanti ed ha strutture decisamente più attrezzate rispetto a quelle del Bel Paese.

Non sono servite le parole della politica

A far cambiare idea alla FIGC (ripetiamolo, almeno per il momento) non sono servite nemmeno le prese di posizione da parte del Comune di Palermo e della Regione Siciliana. A dire il vero, è stato lo stesso governatore Renato Schifani ad identificare la possibile soluzione in un periodo di medio termine. Ad oggi quindi, non ci sono le condizioni per poter far pesare la quinta città d’Italia, a tal punto da includerla all’interno del progetto. Un paragone che, a livello federale, si limita al confronto fra Palermo e Cagliari. Due città isolane, due città del Sud.

Termine di paragone che, invece, il sindaco Roberto Lagalla aveva rivolto verso l’intero pacchetto di città. “Almeno cinque tra le sedi prescelte non offrono tutti i requisiti richiesti”, commentò il sindaco in una nota. La Federazione non è stata evidentemente dello stesso avviso. “Il dossier presentato offre sufficienti garanzie di adeguato rafforzamento delle necessarie infrastrutture nell’arco di quasi dieci anni”. Ma Cagliari, purtroppo per la città di Palermo, è già partita nei lavori e il cantiere sul Sant’Elia è già attualmente in corso. Al Renzo Barbera, invece, è ancora tutto fermo.

Il ritardo degli impianti sportivi

Un ritardo, quello sugli impianti sportivi, pagato a caro prezzo dal capoluogo siciliano a cui, c’è da dirlo, più volte è stata preferita Catania (come fatto dalla nazionale femminile di pallavolo o da quella di Calcio a 5 maschile). Il piatto piange e, ad oggi, le prospettive per riempirlo sono comunque di lungo termine.

Un fatto che appare paradossale in un momento in cui, a Palazzo delle Aquile, si inizia a parlare dei termini della concessione con il Palermo calcio che, attualmente, dovrebbe pagare 170.000 euro di canone. A dire il vero, l’importo, in una prima versione, sarebbe stato quasi doppio. A determinare lo “sconto” è stata la pandemia e le difficoltà ad essa connesse. Tuttavia, il periodo covid (per fortuna) sembra alle spalle e dal Comune si intende adeguare la somma. Il tutto su uno stadio che, evidentemente, necessita di lavori di manutenzione. Sui tempi degli stessi ad oggi non c’è certezza. Ed è questo il dato che conta. Alle parole, almeno per il momento, non stanno seguendo i fatti. Continuando così, i palermitani potranno si guardare il grande calcio europeo, ma come fanno durante la settimana per le partite della Champions League, ovvero alla TV.

 

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