Walter Giannò, giornalista e blogger palermitano da oggi non ha più un profilo facebook. E’ accaduto tutto senza preavviso, senza che l’azienda americana lo informasse di eventuali violazioni alle regole del più noto social network.

Ma per Giannò, una spiegazione potrebbe esserci, risalente forse addirittura al Ventennio. Ecco come racconta l’accaduto:
““Il tuo account è stato disabilitato. Per maggiori informazioni, o se pensi che il tuo account sia stato disabilitato per errore, per favore visita il Centro Aiuto“. Da stamattina è la scritta che leggo quando accedo al mio profilo privato su Facebook. Nessuna e-mail ha anticipato questa radicale scelta del social media. E non ho neanche ricevuto una comunicazione sull’avvenuta disabilitazione e (soprattutto) sul motivo, ma solo un link che rimanda a una pagina in cui sono elencate le possibili cause che hanno portato a Facebook ad escludermi in maniera definitiva. In pratica, avrei commesso una (o più) di queste azioni:sostenere un’organizzazione o un gruppo violento e/o criminale; esprimere minacce verosimili dirette a terzi o promuovere comportamenti autolesionisti;prendere di mira altri utenti del sito; diffondere discorsi inneggianti all’odio o di discriminazione verso le persone per la loro razza, etnia, nazionalità di -origine, religione, sesso, orientamento sessuale, disabilità malattia; diffondere contenuti grafici che includono rappresentazioni sadiche della violenza contro persone o animali e la rappresentazione di violenza a sfondo sessuale; vendere sostanze a scopo ricreativo o farmaceutico.

Ho la coscienza pulita. Non ho mai fatto nulla di cui sopra. Per cercare di saperne di più, ho inviato a Facebook tramite questo modulo, con tanto di carta d’identità allegata, due mail: la prima in italiano e la seconda in inglese. La risposta è stata sempre la stessa: “Hi, We’ve reviewed your account and determined that it hasn’t followed the Facebook Terms. This has resulted in the permanent loss of your account. One of our main priorities is the comfort and safety of the people who use Facebook, and we don’t allow credible threats to harm others, support for violent organizations or exceedingly graphic content on Facebook. To learn more about Facebook’s policies, please visit Facebook’s Community Standards: https://www.facebook.com/communitystandards/?ref=cr Thanks“. In sintesi, secondo il social media, ho violato i suoi termini, sottolineando che Facebook non consente minacce, e messaggi di supporto a organizzazioni violente.

Insomma, condannato all’ostracismo da Facebook – a cui mi sono iscritto nel 2008 – senza conoscerne il motivo. Ma ho un sospetto (che, in quanto tale, non può avere conferma): la ‘colpa’ potrebbe essere di Benito Mussolini.

Premesso che sono un modestissimo collezionista di documenti storici, ho messo in vendita su DelCampe.it un libro pubblicato nel 1938: L’opera dell’aviazione in Africa Orientale, scritto da Clemente Prepositi, e con un ritratto di Mussolini in copertina. Il mio obiettivo era quello di ‘testare’ il mercato del settore su un’opera in mio possesso. In estrema sintesi, si tratta di un libro di propaganda che si faceva leggere a scuola durante il regime fascista. Successivamente, ho condiviso sul mio profilo Facebook il link esterno del prodotto, nonché la foto della copertina su Instagram (anche da lì sono stato cacciato), con tanto di hashtag relativi: #fascismo, #Mussolini, #storia, #Duce, #SecondaGuerraMondiale, ecc.

Uno o due giorni prima, inoltre, avevo condivido uno status in cui criticavo lo stucchevole paragone tra Matteo Salvini e Benito Mussolini, rimarcandone l’ossessione di molti miei contatti sul leader leghista (e, conseguentemente, sul fondatore del fascismo).

Poi, c’è un altro elemento: nei giorni precedenti alla disabilitazione, Facebook mi ha imposto di cambiare la mia password almeno in tre occasioni distanziate di 24 ore perché sospettava delle azioni di pishing. Insomma, come se qualcun altro avesse tentato di accedere al mio profilo. Non ho potuto fare altro che seguire l’obbligo del social media.

Oggi, però, la spiacevole scoperta: non ho più un profilo Facebook. E non è un danno (esistenziale ed economico) da poco, visto i quasi 5mila contatti maturati e coltivati negli ultimi 10 anni, molti dei quali fondamentali anche in ambito lavorativo, visto che sono un giornalista. Insomma, dal momento che il social network non mi ha dato alcuna spiegazione sulla causa della disabilitazione, non posso che ricercare io stesso una risposta e l’ho trovata nella condivisione del libro e nel fatto che già pochi giorni prima avevo menzionato Mussolini (e non certo per apologia).

Se così fosse, sto subendo una grave ingiustizia e sono vittima di un paradosso: su Facebook gli italiani non hanno la libertà neanche di scrivere il nome del dittatore fascista. Ed è inammissibile che il social network non abbia un’assistenza clienti italiana da contattare per avere risposte e per spiegare eventuali malintesi. Dare a un algoritmo, a un bot, il compito di disabilitare i profili per via di termini utilizzati è sbagliato: non può una ‘macchina’ giudicare in maniera superficiale il pensiero di un essere umano.

Facebook, inoltre, anche se è un sito appartenente ad un’azienda privata, non può non fornire spiegazioni ai propri utenti, soprattutto in relazione a decisioni radicali come la disabilitazione con effetti significativi su ogni tipo di relazione sociale e finanche sui sentimenti (in dieci anni ho condiviso sul social network migliaia di fotografie).

Io sono un utente – consumatore e, in quanto tale, anch’io ho dei diritti che vanno tutelati, primo dei quali sapere dall’azienda che mi fornisce un servizio le motivazioni dettagliate per cui ha smesso di farlo. Se ho sbagliato, voglio sapere quando e perché. È giusto che io abbia una risposta.

P.s. non creerò un altro profilo. Sarebbe come darla vinta a Facebook”.

Aggiornamento: qualche ora dopo la pubblicazione di questo articolo facebook ha riattivato il profilo in questione scusandosi con l’utente e sostenendo che la disattivazione era avvenuta per errore anche se a tutte le precedenti sollecitazioni non aveva dato seguito alcuno