Onorevole Carmelo Miceli, come giudica il provvedimento che ha annullato l’elezione a Segretario di Faraone e come valuta la decisione di Faraone di restituire la tessera uscendo dal PD?

La decisione della Commissione di Garanzia di annullare il Congresso Siciliano è una decisione sbagliata, l’apice di un percorso inutile e dannoso.
Diciamocelo chiaramente, il provvedimento è politico e le regole non c’entrano nulla.
È stato un modo per eliminare un baluardo del renzismo e per ribaltare posizioni di forza interne al partito. Chi non ha avuto la forza di vincere un congresso tenta di prendere la leadership con gli apparati di partito.
Emettere questo provvedimento nel giorno della Commemorazione di Paolo Borsellino e degli uomini della sua scorta da la cifra di quanta sensibilità e attenzione per la Sicilia ci sia dietro quel provvedimento.
Sinceramente mi aspetto che Davide ricorra al Tribunale ordinario per dimostrare l l’illegittimità di quanto è stato fatto.
Ma con la stessa franchezza con cui le dico che il provvedimento della Commissione di Garanzia nazionale è sbagliato le dico che non condivido la scelta di Davide di mettersi fuori dal PD.
Per me le battaglie si fanno da dentro.
E per coerenza, se contesti a Teresa Piccione di essersi ritirata dalla corsa a segretario soltanto perché consapevole di perdere, poi non puoi comportarti come lei, non puoi ritirarti dal Partito perché la Commissione di Garanzia di ha dato torto.
All’indomani del Commissariamento, tra Lupo e Cracolici che parlano di un possibile accordo con i 5 Stelle e Faraone che dice “mai accordo” con chi si schiera?

A mio avviso la vecchia guardia del PD ha avuto e continua ad avere un limite enorme: vivere la politica con tatticismo sfrenato.
Mettere il “con chi sto” e “con chi stai” prima del “chi sono, chi siamo” e del “cosa vogliamo fare”.
Del resto, chi può smentire il fatto che le sorti del PD siciliano siano state sempre condizionate dalle “geometrie variabili” di pochi “big”, ovverosia dalla diversa combinazioni di accordi tra loro succedutasi nel tempo?
Il fatto che i principali “dirigenti” del Partito abbiano dedicato e continuino a dedicare le proprie energie esclusivamente alla tattica e poco alla politica dei bisogni comuni, ha finito per determinare e portare con se una immediata ed inevitabile conseguenza: fare apparire il partito non in grado di comprendere le esigenze quotidiane dei cittadini, non meritevole di voto e, quindi, destinato ad una perenne sconfitta.
Per rispondere alla sua domanda, io starò con chi vorrà porre al centro della propria agenda i problemi della gente non le alleanze politiche, starò con chi vorrà ridare al PD una identità, con chi vorrà concentrarsi più sulle cose da fare che sulle alchimie e le coalizioni possibili attraverso sommatorie di ceti politici.

Questa scelta corrisponde ad un Suo posizionamento Nazionale autonomo?
Più che a un posizionamento nazionale corrisponde al buon senso. Sono e rimango convinto della bontà dell’esperienza Renzi e della necessità di una leadership forte e fortemente riformista. Matteo Renzi è uno dei pochi leader riformisti che ci sono in Italia e presto si capirà che il PD ha ancora fortemente bisogno di lui.
In quest’ottica, da mesi sto lavorando con Luca Lotti e Lorenzo Guerini alla creazione di Base Riformista, un’area Riformista all’interno del Partito Democratico.
Per me, oggi più che mai, serve restare nel PD per provare a farne un partito che parli all’Italia e, soprattutto, alla Sicilia, non a se stesso. Un partito che rivendichi la sua vocazione maggioritaria senza rifiutare aprioristicamente alleanze, che sia in grado di costruire un’alternativa credibile alle alleanze nazional-populiste oggi al potere, che sappia mettersi in relazione permanente con le realtà più vive della società civile organizzata, che sappia farsi casa comune e plurale delle più radicate tradizioni riformiste del nostro Paese, da quella socialdemocratica a quella liberal-democratica, da quella cattolico- democratica a quella ambientalista.

Niente scissioni e nuovi partiti a vocazione centrista insomma?
Dinanzi ad una Lega a vocazione maggioritaria che viaggia spedita verso il 40%, ad un Movimento 5 Stelle in caduta libera e ad una Forza Italia che implode, dividere il PD è politicamente sbagliato.
Piuttosto che creare partiti centristi per esternalizzare la rappresentanza moderata, bisogna lavorare per ridare al PD la capacità di essere “anche” la casa dei moderati.
I nostri elettori non ci chiedono incomprensibili “scissioni”, ci chiedono di mettere da parte le lotte interne e di tornare a fare del PD il partito dalla grande identità Riformista, quello delle europee del 40%.
Non dobbiamo pensare alla migliore stampella per tornare a camminare, ma ricordarci di come facevamo quando correvamo veloci e nessuno riusciva a tenere il nostro passo.

Tutto questo come si traduce in Sicilia, dove il PD non ha mai avuto queste percentuali e questa identità?
Si traduce in un progetto che punti a valorizzare le nostri migliori risorse.
In questi anni, lontano dai riflettori degli scontri tra i big nel PD è successo qualcosa di grande: tanti ragazzi cresciuti a pane e segreteria, a colla e manifesti, si sono concentrati sui bisogni dei loro comuni e si sono cimentati con risultati straordinari nelle elezioni amministrative.
Una schiera enorme di ragazze e ragazzi competenti ha ribaltato la teoria dei big, ha messo il cuore e la politica dei bisogni di prossimità prima della tattica e ha vinto le comunali della propria città.
Forse non si sa, ma ci sono sindaci del PD o, comunque, vicini al PD che hanno stravinto le proprie amministrative e che sono considerati dai cittadini dei rispettivi comuni persone serie, competenti e, soprattutto, vicini alla gente.
Ecco, per me, se il PD siciliano vuole recuperare credibilità e rilanciarsi arrivato il momento di mettere da parte la tattica del posizionamento (con i moderati senza casa e quel che resta della Forza Italia antifascista, piuttosto, che con i 5 Stelle e i residui di sinistra estrema) e di investire sugli amministratori “vincenti”, quelli che tutti o giorni sono a contatto con il mondo reale, quelli che ogni giorno sono davvero vicini alla gente, ne conoscono le esigenze e i bisogni, non fosse altro perché obbligati a confrontarsi con questi bisogno e a dare risposte ai loro cittadini in ogni ora della giornata.
È arrivato il momento di investire senza se e senza ma sui Sindaci e sui giovani amministratori. Al di là delle correnti.
Ne guadagnerà in credibilità, anche il Partito nazionale.

È la deputazione Siciliana non deve fare nulla?
Il deputati PD siciliani dovremmo smetterla con il politichese e dovremmo cominciare ad occuparci dei problemi veri. Il Rapporto Svimez appena diramato racconta che il 2019 per il Sud sarà un anno ”tragico” e che il “Pil andrà sotto zero”.
Nel report dellʼAssociazione per lo sviluppo dellʼindustria nel Mezzogiorno si dice che sta crescendo il “doppio divario” Italia-Ue e Sud-Nord e si certifica che negli ultimi due trimestri del 2018 e nel primo del 2019 gli occupati “sono calati di 107 mila unità (-1,7%)”, mentre nel Centro-Nord, nello stesso periodo, “sono cresciuti di 48 mila unità (+0,3%)”. Ecco, Il PD siciliano deve smettere di guardarsi l’ombelico, deve smettere di parlare il politichese e deve cominciare ad occuparsi seriamente di questo. Come deputati siciliani, a prescindere dalle correnti, dovremmo avere la forza di imporre unitariamente questo tema a Zingaretti.

E Renzi? Che farà secondo lei? Un’altra partito con Faraone?
Rimarrà nel Pd. Accetto scommesse. Non ha il profilo per essere leader di un partitino satellite

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