Petizioni, appelli ed una lettera al Presidente della Regione siciliana per chiedergli di poter tornare a casa. Lavoratori e studenti siciliani rimasti bloccati in varie parti d’Italia si rivolgono a Musumeci e lo fanno in tutte le forme possibili.
“A causa del lockdown siamo stati costretti a rimanere fuori dalla nostra Sicilia per ben due mesi e adesso che ci è concesso dal DPCM rientrare, la nostra stessa Regione ci sbatte la porta in faccia – dice a BlogSicilia Valentina Mancuso uno dei siciliani rimasti lontani – Noi non siamo solo buoni a pagare le tasse della Sicilia pur essendoci dovuti spostare altrove per guadagnarsi da vivere Meritiamo rispetto e comprensione ora più che mai”
Valentina rivolge, dunque, a Musumeci una lettera aperta/appello che pubblichiamo interamente:
Sono un’insegnante siciliana che da settembre lavora al nord.
Dall’entrata in vigore del DPCM, che ha sancito le misure restrittive per tutta l’Italia, disponendo la chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado, ogni mattina con grande senso di dovere, svolgo il mio lavoro in modalità Smart Working, attività che potrei benissimo svolgere dalla mia residenza andando a risparmiare sulle spese di vitto, alloggio e perfino di sussistenza personale che come è facile immaginare, qui sono molto elevate.
Tuttavia, ci tengo a sottolineare che vista la mia giovane età, non sono un’insegnante di ruolo e come me anche a tanti precari, chi a maggio e chi a giugno, scadrà il contratto. Cosa farà la Regione Sicilia nel momento in cui non avremo più un lavoro e dovremo continuare a stare qua pagando i costi elevati d’affitto, perché al sud non ci sarà consentito rientrare? Avrà ancora intenzione di ripudiare e di nutrire pregiudizi e perfino un senso di disprezzo verso tutti i lavoratori che dal nord rientrano al sud? Oppure tornerà a credere nei valori che da sempre contraddistinguono e accomunano la nostra terra, quali: la solidarietà, il calore umano e l’accoglienza verso chiunque fino ad oggi è giunto in Sicilia?
Ritengo che una categoria sociale di così ampio spessore come la nostra che ogni anno, spinta da un forte impegno e forza di volontà, sceglie di spostarsi al nord nella speranza di poter lavorare, sia da ammirare e che dunque meriti un po’ più di ascolto e comprensione e non di essere DIMENTICATA DA TUTTO E DA TUTTI!
Pertanto, a nome di tutti coloro che come me si trovano nella mia stessa situazione, chiedo che si possa intervenire e che venga data sia a me che a tutti coloro che si trovano nella mia situazuone, la possibilità di rientrare nella nostra residenza, naturalmente nel rispetto della normativa vigente e di tutte le misure precauzionali da osservare e da adottare sempre nel rispetto della nostra comunità.
Personalmente ritengo che quella di voler rientrare nella propria residenza sia una valida motivazione, in quanto il Ministro dell’Istruzione non ha ancora dato alcuna disposizione per la riapertura degli istituti scolastici ( apertura che sempre più si prospetta che avverrà non prima di settembre), il che comporterebbe rimanere qui senza alcun motivo con le conseguenti spese elevate, in quanto le lezioni come da regolamento imposto dal Ministero, al momento vengono svolte solo ed esclusivamente per via telematica. Sono in atto diverse petizioni”
Ma Valentina non è l’unica. A BlogSicilia sono arrivate altre lettere/appello. Si firma solo con le iniziali E. C una studentessa che vive a Ferrara. Ecco la sua lettera:
Innanzitutto mi presento, sono una studentessa Siciliana che vive a Ferrara da circa tre anni, precisamente da quando ho deciso di intraprendere il mio percorso di studi al di fuori della mia amata Sicilia; a malincuore e con tanto coraggio ho deciso di lasciare i miei cari, i miei affetti, per cercare di coronare il sogno che ho sempre avuto sin da bambina, sogno che mi ha portata ad iscrivermi alla facoltà di giurisprudenza di Ferrara.
Nessuno, purtroppo, poteva mai immaginare che un virus, così piccolo fuori, ma tanto grande dentro, sarebbe riuscito a scombinare un intero sistema, nessuno di noi avrebbe mai immaginato le conseguenze e le ripercussioni che avrebbe generato, lo scompiglio che avrebbe portato, sia alla società che nelle nostre vite, ma nonostante ciò, noi tutti studenti fuori sede, abbiamo provato a non buttarci giù, abbiamo provato ad avere fiducia nel sistema e in lei, siamo rimasti qui, al nord, lontani da casa; abbiamo cercato di far prevalere il buon senso, la ragione, mettendo da parte il cuore, gli affetti, i sentimenti( e come lei ben sa, per noi Siciliani è difficile mettere da parte il cuore o gli affetti), abbiamo cercato di dare, nel nostro piccolo, il nostro contributo, consapevoli che non sarebbe stato giusto ritornare a casa in quel preciso momento, consapevoli che potevamo essere considerati fonte di contagio, pur essendo sani, pensando ai nostri nonni, alle persone più anziane, mettendo al primo posto la loro salute anziché la nostra. Abbiamo aspettato, e non le nego che abbiamo sofferto tanto per questo, perché sa, quando si aspettano solo le vacanze per tornare a riabbracciare i nostri cari, per tornare a sentire il profumo della nostra terra, negare ciò è come togliere ad un bambino il giocattolo a lui più caro e prezioso, ma noi siamo stati forti e ci abbiamo creduto. Pochi giorni fa, così come noi tutti sappiamo, il nostro presidente del Consiglio, ha emanato un nuovo decreto, in vigore dal 4 Maggio, annunciando a tutti gli Italiani l’inizio della così detta fase due.
Lei non sa, caro presidente, che felicità abbiamo provato nel sentire quelle parole, nel sentire che finalmente potevamo tornare nella nostra residenza, nelle nostre case, rispettando ovviamente tutte le misure di precauzione necessarie, così come abbiamo fatto fino ad ora, per essere totalmente immuni da ogni rischio, pericolo, tutelando noi stessi, le nostre famiglie, la nostra Regione; è come se finalmente, dopo tanto buio , fossimo riusciti a vedere un po’ di luce, ma questa luce però è durata ben poco, perché è stato proprio lei a togliercela, dal momento in cui ha annunciato di non avere alcuna intenzione di farci rientrare. Poi però, dal decreto da lei emanato, leggo che, tutte quelle famiglie che hanno una seconda casa nella nostra amata Sicilia, hanno la possibilità di farvi ritorno purché vi rimangano fino alla fine della stagione estiva. E allora noi, caro presidente, ci chiediamo, noi che abbiamo la nostra prima casa giù, perché non possiamo tornare?
È come se in un qual senso, fossimo le “pecore nere” del gregge. Perché non possiamo ritornare nella nostra terra, nelle nostre case, com’è nostro diritto, seguendo, come le ho detto sopra, tutte le direttive necessarie? Perché? Sa, ci sono tanti perché e tante domande che continuano a perseguitarci, domande alle quali, ad oggi, non abbiamo alcuna risposta. D’altro canto, penso che lei sia anche consapevole del periodo in cui ci troviamo noi studenti universitari; siamo a Maggio, e come lei ben sa, fra meno di un mese ci saranno gli esami, perché quelli giustamente non sono bloccati, e ripeto giustamente, ma come si possono preparare degli esami se non c’è un minimo di serenità fra noi, se il nostro pensiero fisso è ritornare a casa, adesso, prima che la situazione possa degenerare nuovamente. La prego di riflettere e di fare tutto ciò che è in suo potere fare, al fine di farci ritornare semplicemente a casa, non chiediamo altro, non abbiamo pretese irragionevoli. Ogni individuo, come lei meglio di me sa, e così come afferma “La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, ha diritto di tornare nel proprio paese, e noi, ora più che mai, dobbiamo godere di un diritto che ci spetta, e ci spetterà sempre. Abbiamo bisogno del suo contributo, abbiamo bisogno di continuare a sperare e a credere che avere buon senso non significhi essere penalizzati, abbiamo bisogno di continuare a credere nel sistema, in lei, ora più che mai. Sono certa che queste saranno solo parole, prive di rilevanza, di una studentessa disperata, che non chiede altro di poter tornare a casa, ma, voglio continuare a crederci, parlando a nome di tutti quelli che si trovano nella mia stessa posizione, voglio continuare a sperare che ci aiuterà, che non sarà invisibile ai nostri occhi.
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