Condanne a 6 anni per l’incendio del 2014 nella nave Cossyra della Traghetti Isole a Palermo che portò alla morte di un membro dell’equipaggio. A perdere la vita Alessandro Di Trapani, l’elettricista che era a bordo. A distanza di 8 anni da quel tragico evento è arrivata la sentenza di primo grado al tribunale di Palermo. Tre dei quattro imputati sono stati condannati. La pena più pesante a 3 anni per il proprietario della Elyteam per cui lavorava la vittima, Vincenzo Chiavazzo. Un anno e mezzo ciascuno invece per Francesco Fontana e Gaspare Cavasino, rispettivamente rappresentante della Traghetti isole e comandante della Cossyra. A questi ultimi due riconosciute le attenuanti generiche, per tutti l’accusa è di omicidio colposo. Unico assolto Natale Pizzimenti, direttore di macchina della motonave con la formula di non aver commesso il fatto.
Anche l’interdizione
La nave in cui avvenne l’incidente era ormeggiata nel bacino di carenaggio della Adorno, appena fuori dall’area di Fincantieri. Ci sono voluti 8 anni e cinque cambi di giudici per arrivare alla sentenza. Per tutti scatta anche l’interdizione dagli uffici direttivi delle imprese e delle persone giuridiche per l’intera durata delle singole condanne. Chiavazzo, inoltre, per cinque anni è interdetto dai pubblici uffici. L’accusa in aula era rappresentata dal pubblico ministero Fernando Lo Cascio. Dopo otto anni di processo l’unico reato non prescritto è rimasto l’omicidio colposo. Per tutti gli altri capi d’imputazione (violazioni amministrative e in materia di sicurezza sul lavoro) è intervenuta la prescrizione.
Non aveva dispositivi di sicurezza
Soddisfatti gli avvocati di parte civile che hanno assistito i familiari: Fabio Lanfranca per i genitori e un fratello della vittima, Enrico Sanseverino per la moglie e la figlia di Alessandro Di Trapani, Serena Romano e Oriana Limuti per gli altri familiari. Secondo quanto ricostruito in otto anni di processo di primo grado, il più lungo ad oggi nel tribunale di Palermo, Alessandro Di Trapani morì per le ustioni. Emerse che non indossava dispositivi di sicurezza personale. Durante il dibattimento è venuto fuori che sarebbe bastata una normale tuta blu in cotone per salvargli la vita: invece indossava una tuta in acrilico. Per questo il datore di lavoro ha avuto la condanna più pesante.
Cosa faceva la vittima nella nave
Alessandro era al lavoro per eseguire i lavori di rifacimento dell’impianto di automazione del traghetto quando in sala macchine una scintilla provocò l’incendio. Alla lettura della sentenza accanto all’avvocato Lanfranca c’era in piedi Pippo Di Trapani, il papà di Alessandro che dal 13 maggio 2014 chiede giustizia. Non è mai mancato ad un’udienza, ha sopportato cinque cambi di giudici, la prescrizione di buona parte dei reati contestati. Ha superato il dolore della morte della moglie, ridotta ad un vegetale dopo la morte del figlio. Non ha mai mollato di un centimetro nel cercare la verità sulla morte del figlio e questa sera, dopo otto anni, ha semplicemente detto: “finalmente ho avuto giustizia”.






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