A mettere i finanzieri sulle tracce dell’organizzazione che ha trasportato oltre 50 chili di cocaina tra Reggio Calabria e Palermo sono stati gli stessi corrieri. Ed in modo del tutto inusuale.

La telefonata nel 2019

Era il 25 ottobre del 2019 quando al numero della Guardia di Finanza arrivò la telefonata di una donna che si lamentava del fatto che non fosse stata pubblicata sui giornali la notizia del ritrovamento di un chilo di cocaina dentro uno zaino al terminal dei bus alla stazione centrale di Palermo.

La donna parlava con un forte accento palermitano. La pubblicazione della notizia avrebbe evidentemente scagionato i corrieri agli occhi dell’organizzazione. Forse qualcuno li aveva accusati di essersi intascati i soldi della vendita della polvere bianca.

L’avvio dell’indagine

Da quella telefonata è partita l’indagine che ha portato ai 21 arresti di oggi eseguiti dal nucleo di polizia economico e finanziaria di Palermo. Una serie fitta di incroci tra celle telefoniche e immagini dei sistemi di videosorveglianza ha consentito di risalire all’organizzazione che faceva capo a Palermo ai due fratelli palermitani Fascella e alla famiglia Barbaro a Bovalino a Reggio Calabria.

Le intercettazioni

Grazie alle intercettazioni i militari delle fiamme gialle sono riusciti a bloccare tre corrieri con 40 chili di cocaina, bloccati una volta agli imbarcaderi a Messina, un secondo a Buonfornello e un terzo in piazza Figurella a Villabate. Grazie ai sistemi di videosorveglianza i militari sono riusciti a risalite a una base stoccaggio della cocaina in via Villagrazia a Palermo in casa di due coniugi che sono stati arrestati.

Sequestrati agli indagati un milione di euro

Con lo stesso provvedimento, in seguito, il gip ha disposto il sequestro preventivo di società, beni immobili e mobili riconducibili agli indagati per un milione di euro. Attraverso gli elementi acquisiti nel corso delle indagini, attraverso l’esame, il confronto e l’incrocio di informazioni estratte dalle diverse banche dati dei finanzieri è emerso l’assoluta sproporzione tra i beni nella disponibilità degli indagati e i redditi dichiarati, facendo scattare le misure cautelari patrimoniali.