Forza Italia non sarà mai la Democrazia Cristiana ma può operare nel solco dei valori e dei principi della Dc ed essere la casa dei moderati, liberali e riformisti. In questo solco si sta già operando ed il risultato delle elezioni europee in Sicilia lo dimostra partendo dai grandi numeri di Edy Tamajo e Marco Falcone. Occorre dialogo interno, capacità di ascolto e un partito plurale. Sono importanti tutte le anime che partecipano al progetto e vanno dalla storia di Caterina Chinnici, alle capacità politiche di due ex presidenti come Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo passando per l’esperienza di Saverio Romano.

Il governo regionale sta facendo bene ed è nelle cose, praticamente scontato, che fra 3 anni Renato Schifani sia candidato per succedere a se stesso.

E’ il pensiero di Totò Cardinale, ex ministro delle telecomunicazioni, grande vecchio della politica centrista e riformista, protagonista di una intera stagione politica e oggi ancora indomito animatore delle “cose di Sicilia”.

Cardinale non è un uomo che si concede facilmente. Parla poco e quasi sempre ama affrontare i temi della politica aulica e dei principi prima che delle cose. Lo incontriamo in un ristorante storico della città, in pieno centro, dove sta serenamente mangiando, con estrema calma, il suo risotto “zucca e gamberetti marinati” (il risotto è “spaziale” secondo il condivisibile parere dei commensali). Lui ci mette sopra il formaggio: abbondante. Ma sui gusti non si discute, dicevano i latini e per questo io, che del formaggio sul pesce sono un nemico giurato, non obietto. Non solo perché sarebbe scortese. In fondo c’è da ascoltare i suoi aneddoti, la sua visione della politica di ieri e di oggi e, forse, anche di domani: cose molto più interessanti del ‘cacio sul riso’.

On. Cardinale, con tutte queste Dc che ci sono in giro, sembra ci sia davvero voglia di far rinascere la balena bianca. Ma può veramente essere Forza Italia il partito della rinascita democristiana o sono solo velleità, chiacchiere che servono a raccogliere qualche voto degli “smarriti” nostalgici del centro ?

“No, guardi la Democrazia Cristiana è stata una ed una sola e non rinascerà più. Non si può più fare la Dc. Le condizioni, politiche, sociali, economiche non ci sono più. Quello era un partito plurale, dalle mille anime, figlio del suo tempo e dei valori di una Costituzione nata da mille confronti, capace di trovare il punto di incontro fra culture liberali e riformiste, guardando alla solidarietà e alla Sussidiarietà. Non la si può ricreare, men che meno in qualche mese o qualche anno”.

Quindi è tutto velleitario?

“La Dc non la si può rifare, ribadisco. Cosa diversa è inspirarsi al metodo, al merito, al sistema e agli ideali. Quello sì che è fattibile, anzi auspicabile. E in questo senso Forza Italia può e deve essere il partito plurale che può diventare la casa dei riformisti moderati, di una visione liberale che mette al centro la persona. Ci sono tutte le condizioni perché questo avvenga. Serve una guida autorevole come quella del Presidente Schifani, e l’abbiamo. Serve la volontà di aprirsi a culture politiche e sociali diverse ma che siano compatibili, e a questo stiamo lavorando”.

Si riferisce alla federazione fra Forza Italia e Noi Moderati a livello nazionale, e fra Forza Italia e MpA a livello regionale ?

“Certamente sì ma non soltanto. Raffaele Lombardo, Totò Cuffaro, Saverio Romano, sono parte di questa idea. Ma lo è anche Caterina Chinnici il cui approdo in Forza Italia è da considerare una cosa naturale per la sua storia, per il suo vissuto personale, professionale e politico. L’apertura ad un riformismo reale è un passaggio essenziale. E queste prime aperture sono state premiate dagli elettori con il risultato alle Europee”.

Ma quel risultato non è frutto dei Tamajo (con l’aiuto di Romano e Cuffaro) e di Falcone?

“Ogni contributo è importante. Certamente la candidatura di Edy Tamajo è nata proprio in questa ottica, con spirito di servizio e guardando ad un partito aperto e plurale. Tamajo i suoi voti li ha meritati con l’impegno profuso dall’assessorato regionale alle Attività Produttive. Si è visto un uomo politico, un amministratore, che opera proprio ispirandosi a quei principi che furono della Dc, che mette al centro la persona e impiega le risorse indirizzandole verso un sistema produttivo che crea sviluppo, occupazione, crescita. E la sua scelta di restare in Sicilia e di continuare il suo lavoro alle Attività Produttive è un ulteriore passo nella costruzione di questo percorso di crescita e di apertura”.

I bene informati, però, dicono che in realtà Tamajo volesse altro e che è stata una sconfitta restare in quel posto

“C’è sempre qualcuno più realista del Re, che cerca di dare interpretazioni fuorvianti. Ma non è così. Si è parlato perfino di tensioni interne ma è andata in maniera diversa. Tutto è stato deciso insieme, concordato. Il passo di lato (si badi bene non indietro) di Tamajo è il gesto di un uomo che lavora per la comunità e non quello di un solista. Si va tutti insieme nella direzione che mostra la crescita di Forza Italia dentro il centrodestra. Un partito centrista forte rafforza anche l’intera coalizione e ne consolida la posizione nella società di oggi”.

Suvvia, non prendiamoci in giro. Lamentele e tensioni ci sono state e ci sono

“Da parte di altri forse sì. Ci sono deputati scontenti, non lo si può negare. Ma non è qualcosa di preoccupante. Serve il dialogo ed è quello su cui si sta lavorando. Forza Italia è stato, in passato, un partito verticistico. Quello che si vuole costruire è un partito capace di mettere insieme più anime, dialogare e dibattere al proprio interno e giungere ad una politica comune. Un partito ‘elettivo’ per così dire. Tutte le anime hanno bisogno di dialogare fra loro e di parlare con il suo vertice nazionale, regionale, locale. Così si appianano tutti i problemi”

Frasi belle e politicamente corrette, ma la vulgata parla di un Tamajo già pronto a candidarsi a Presidente della Regione al prossimo giro

“Non diciamo eresie politiche. Il candidato presidente della Regione sarà di nuovo Renato Schifani. Si lavora per questo ed è una cosa naturale. Un presidente della Regione che sta facendo bene è il naturale ricandidato per il secondo mandato. Su questo non c’è alcun dubbio ne alcun dibattito da fare. Tamajo è e resta uno dei massimo sostenitori. Se ci saranno altre battaglie in futuro le si farà nei modi e nei tempi giusti”.

Intanto, però, le tensioni sono palpabili. Un esempio plastico è quello che è successo con le nomine in sanità

“Le scelte dei direttori sanitari e amministrativi riguardano esclusivamente i manager che sono stati nominati. La politica non deve mettere il naso dove non le compete. Ho visto cose che proprio non mi sono piaciute: per nulla! Si tratta di un settore troppo delicato. Ne va della salute dei siciliani. Bisogna tornare a mettere al centro la persona e questo è un esempio di quel che dicevo fin dall’inizio”.

Ma questa è l’epoca dei tecnici. il confine fra tecnico e politico è ormai impalpabile, quindi tutti si sentono legittimati a intervenire su tutto

“Non mettiamo insieme cose molto diverse. L’ingerenza della politica nelle nomine sanitarie è qualcosa di inaccettabile. La scelta di tecnici per alcuni ruoli politici è cosa diversa”

Quindi lei approva i tecnici in giunta?

“Non ho detto questo. Certamente ci sono persone molto preparate. Ma la mia opinione è diversa. Io resto dell’idea che il politico meno accorto è sempre un miglior amministratore di un tecnico. Ciò perché il politico ascolta tutte le opinioni tecniche e poi decide. Un tecnico ha già una sua idea che, per quanto teoricamente corretta, raramente è utile a dare risposte alle esigenze della società in quel preciso momento. E il compito di un amministratore è questo: dare risposte corrette e utili alle esigenze del territorio, della società attuale, dello sviluppo, della crescita, del lavoro”.

Mentre chiacchieriamo di politica inframezzando queste idee per oggi e domani con gli aneddoti di una stagione passata, è arrivato il caffè. La frutta no; l’abbiamo saltata. Non si dica mai che la Sicilia è alla frutta. Il pranzo è finito, andate (andiamo) a lavorare.

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