Il fotografo No Mafia Antonio Vassallo di Capaci è stato denunciato perché sorpreso mentre imbrattava la targa commemorativa del sindacato di Polizia Sap nel Giardino della Memoria nel luogo della strage dove sono morti i giudici Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.
I militari si trovavano appostati nel giardino e hanno sorpreso il fotografo mentre ha scritto falso cancellando la scritta che “esattamente in quel tunnel”. Il pennarello è stato sequestrato.
Cosa ha detto
“In Italia e anche Capaci quella strage ha segnato la vita a tanti. Per me la memoria è fondamentale. Scrivere inesattezze in una targa messa lì da un sindacato di polizia è grave. Io accompagno centinaia di scolaresche in quei luoghi. I ragazzini sono preparati e sanno che è non quello il tunnel in cui la mafia ha piazzato il tritolo. I ragazzini sono disorientati. L’ho detto in tutti i modi, ma loro fanno finta di nulla. Per questo ho fatto questo gesto – spiega Antonio Vassallo – La targa indica un tunnel sostenendo che è il luogo dove è stato posto l’esplosivo. In realtà il tunnel è un altro, ben più distante. Mi chiedo come, una prestigiosa realtà come il Sap, possa commettere tali errori, anche se in buona fede. Che figura ci facciamo davanti alle migliaia di semplici cittadini che ogni giorno vengono ad onorare i nostri martiri. E comunque non ho imbrattato ma apportato una giusta e doverosa correzione”.
Chi è Vassallo
Antonio Vassallo è stato tra i primi 32 anni ad arrivare sul luogo della strage. “Da 32 anni imbratto la casina no mafia con quella vernice azzurra dove ho portato in questi migliaia di visitatori a vedere da dove è stato azionato il telecomando – aggiunge – Per quasi 20 anni ho imbrattato il guardrail in autostrada con della vernice rossa. Sono un imbrattatore seriale da oltre 32 anni, con un unico obbiettivo: narrare quel 23 maggio. Sono stato tra i primi ad arrivare sul luogo della strage il 23 maggio 1992. Mi sono allontana dopo che uno dei superstiti dell’attentato, il poliziotto Angelo Corbo, oggi mio carissimo amico, ancora sotto choc, mi ha puntato il mitra contro rischiando di uccidermi. Tornato dopo pochi minuti ho scattato delle foto che gli vengono sequestrate da due individui che mi hanno detto di essere poliziotti. Foto mai arrivate agli investigatori, assenti dagli atti giudiziari e mai più ritrovate, ancora oggi mi chiedo cosa e chi ho fotografato”.
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