Una due-giorni per indagare i rapporti fra Oriente e Occidente dal punto di vista culturale, spirituale, simbolico, artistico, antropologico, con al centro la Sicilia e le sue tradizioni plurimillenarie. Si intitola “Fra Oriente e Occidente” l’iniziativa che si svolgerà l’8 e il 9 settembre al Museo Riso, a Palermo (in corso Vittorio Emanuele 365), che prenderà il via venerdì 8 settembre alle 17,30 con la tavola rotonda sul tema “Conoscenza e spiritualità fra Oriente e Occidente”, per culminare l’indomani sera, sabato 9 settembre, alle 20,45, con lo spettacolo “Il derviscio di Bukhara”, scritto e diretto da Alberto Samonà, fra narrazione teatrale, musica sufi, danze sufi e persiane. Ingresso gratuito: per lo spettacolo, a causa del numero limitato di posti, prenotazione obbligatoria al link https://terzomillennio.organizzatori.18tickets.it/event/27867.
La tavola rotonda
Alla tavola rotonda, che è organizzata in collaborazione con l’Officina di Studi Medievali e Naxoslegge, saranno presenti Alberto Samonà, giornalista e scrittore (“L’Oriente necessario”); Patrizia Spallino, Dipart. Culture e Società Università degli Studi di Palermo (“L’Oriente e l’Occidente orante. Pratiche e misteri”); Grazia Marchianò, Orientalista, responsabile Fondo Scritti Elémire Zolla (“La congiunzione dei due oceani: l’apertura alla sapienza indiana del martire persiano seicentesco Dara Sikoh”); Yousra Haddaoui, Docente Institut Bourguiba des Languages Vivantes, Tunisi (“I modelli islamici sociali in Europa”); Padre Alessio Mandanihiotis, Archimandrita Ortodosso (“Oriente in Sicilia e Sud Italia”); Amal Oursana Medico agopuntrice, semazen (“Espressioni di anatomia spirituale comuni tra Sufismo e Taoismo”); Maria Rizzuto, Dipart. Scienze Umanistiche Università degli Studi di Palermo (“Chiese invisibili: pratiche rituali e musicali dei Cristianesimi d’Oriente in Sicilia”).
“Conoscenza e spiritualità fra Oriente e Occidente”
Il tema dell’incontro, “Conoscenza e spiritualità fra Oriente e Occidente”, è una porta per meglio indagare alcune tradizioni abitualmente definite orientali, che in Sicilia hanno avuto particolare diffusione. Ed è anche un modo per percorrere, attraverso vari itinerari di conoscenza, la “Via della Seta”, in un rapporto di comunicazione e scambio che, nei secoli, ha visto viaggiare non soltanto stoffe, pietre preziose e merci varie, ma anche espressioni culturali, tradizioni e forme di conoscenza. E il Mediterraneo, Mare nostrum e crocevia di saperi, ne custodisce molteplici esempi.
Il 9 settembre in scena “Il Derviscio di Bukhara”
L’indomani, sabato 9 settembre, alle 20,45, sempre al Museo Riso, andrà in scena “Il Derviscio di Bukhara”, spettacolo scritto e diretto da Alberto Samonà sulla spiritualità dei sufi, di cui la città di Bukhara in Asia Centrale fu in vari periodi uno dei centri più importanti.
Narrazioni e teatro con Stefania Blandeburgo e Davide Colnaghi. Musica e canti sufi con Tito Rinesi & Ensemble Dargah: Tito Rinesi (voce, tamburo a cornice, saz), Piero Grassini (oud e voce), René Rashid Scheier (flauto ney) e Flavio Spotti (percussioni e voce). Danze dei dervisci e coreografie con Grazia Cernuto (danze persiane) e Amal Oursana (danze sufi). Il testo è del giornalista e scrittore Alberto Samonà. Produzione “Terzo Millennio Progetti Artistici”.
Un viaggio che conduce il pubblico fra le magie dell’Oriente
“Il Derviscio di Bukhara” è un viaggio, che attraverso narrazioni, musica e danze sufi e persiane, conduce il pubblico fra le magie dell’Oriente. Tra simboli, racconti e analogie proprie del Sufismo, non si tratta di uno spettacolo teatrale, musicale o di danza, ma è semmai un invito alla ricerca interiore e alla scoperta di un universo che si dischiude in una dimensione senza tempo, ancorché antica di secoli. Un gesto di ringraziamento e al tempo stesso, una preghiera. È un incontro fra tradizioni: la spiritualità dell’Asia Centrale, le danze dei dervisci e quelle di più marcata influenza persiana, la musica sufi dell’area ottomano-turca e del vicino Oriente e le narrazioni circolari e rituali dell’Asia. Un incontro che è metafora di un viaggio lungo la “Via della Seta”, di cui la città di Bukhara fu tappa fondamentale, meta di viaggiatori di ogni provenienza che attraversavano vasti territori su questa rotta che congiungeva e congiunge, spiritualmente e culturalmente, Oriente e Occidente, fino al Mediterraneo.
Al centro della vicenda narrata c’è l’arte dei tappeti, che in questi luoghi si tramanda da sempre e che schiude alla conoscenza di antichi saperi. Ma è anche un racconto d’amore: fra i riferimenti e le fonti a cui si ispira lo spettacolo, infatti, vi sono fiabe e poemi orientali, fra cui la storia di “Leyla e Majnun” di Nizami Ganjavi, poeta persiano del XII secolo d.C. Il testo è, inoltre, arricchito dall’inserimento di racconti della tradizione del Sufismo.
Le armonie musicali e i canti patrimonio dei dervisci accompagnano sovente il sacro rito dello zhikr e le danze sacre danno la possibilità di scoprire un universo sacro che congiunge il nostro piano con quello Divino. Allo stesso modo, il ritmo della voce completa l’opera in una “circolarità rituale”, propria della tradizione dei cantastorie erranti d’Oriente. “Il derviscio di Bukhara” può, dunque, essere considerato come la ricerca di un incontro con il piano universale, che avviene mediante la parola, il suono e il movimento.
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