La guerra del grano ha colpito quello italiano con una speculazione da 700 milioni di euro, a tanto ammontano infatti le perdite subite dagli agricoltori italiani per il crollo dei prezzi rispetto allo scorso anno.

E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti #laguerradelgrano diffusa in occasione della maxi mobilitazione organizzata in varie città d’Italia con migliaia di agricoltori e trattori al seguito. I produttori si sono radunati a Palermo, Termoli, Potenza e Bari dove è presente anche il presidente nazionale Roberto Moncalvo.

Nel giro di un anno le quotazioni del grano duro destinato alla pasta hanno perso il 43 per cento del valore, mentre si registra un calo del 19 per cento del prezzo del grano tenero destinato alla panificazione. Un crack senza precedenti –
denuncia Coldiretti – con i compensi degli agricoltori che sono tornati ai livelli di 30 anni fa, a causa delle manovre di chi fa acquisti speculativi sui mercati esteri di grano da “spacciare” come pasta o pane Made in Italy, per la mancanza
dell’obbligo di indicare in etichetta la reale origine del grano impiegato.

E, con la crisi e la guerra del grano, in Italia si rischiano di perdere trecentomila posti di lavoro. “Non è un caso – dice una nota Coldiretti – se nei primi quattro mesi del 2016 gli arrivi di grano in Italia sono aumentati del 10 per cento, finalizzati soprattutto ad abbattere il prezzo di mercato nazionale attraverso un eccesso di offerta”.

Oggi il grano duro per la pasta – continua la Coldiretti – viene pagato anche 18 centesimi al chilo, mentre quello tenero per il pane è sceso addirittura a 16 centesimi al chilo. “Per restituire un futuro al grano italiano occorre l’indicazione in etichetta dell’origine del grano utilizzato nella pasta e nei derivati/trasformati – sottolinea il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo – ma anche l’indicazione della data di raccolta (anno di produzione) del grano, assieme al divieto di utilizzare grano extra comunitario oltre i 18 mesi dalla data di raccolta. Ma serve anche fermare le importazioni selvagge a dazio zero”.