Il gip del Tribunale di Termini Imerese Angela Lo Piparo ha disposto l’archiviazione per cinque degli otto indagati per la tragedia di Casteldaccia che costò la vita a nove persone, intrappolate dentro una villetta travolta dalle acque del fiume Milicia.

Il provvedimento riguarda Concetta Scurria (difesa dall’avvocato Marco D’Alessandro), proprietaria della villetta abusiva, i dipendenti comunali Rosalba Buglino (avvocato Mauro Torti), Alfio Tornese (avvocato Fabio Vanella), Michele Cara Pitissi (avvocato Enrico Sorgi), e l’ex sindaco di Casteldaccia Fabio Spatafora (difeso dagli avvocati Giovanni Di Benedetto e Paolo Sanfilippo).

Era stata la stessa Procura a chiedere l’archiviazione contestualmente alla richiesta di processare l’attuale sindaco Giovanni Di Giacinto, l’architetto Maria De Nembo ed il proprietario della villetta, Antonio Pace (marito di Scurria). Il gip ha accolto la tesi dell’accusa secondo cui “sebbene siano acclarati dei gravi profili di colpa in capo agli odierni indagati permane tuttavia un dubbio circa la sussistenza del nesso causale tra le condotte omissive poste in essere e il triste evento”.

Per la Scurria, comproprietaria dell’immobile destinatario di un ordine di demolizione disatteso non è emersa “una partecipazione anche a titolo di concorso morale nell’affitto nella concessione in comodato della villetta alla famiglia Giordano”.

Per quanto riguarda gli amministratori locali e i funzionari “si sono resi responsabili di una totale inerzia e di un immobilismo che ha permesso la costruzione della villetta in un luogo pericoloso, ma “non può ritenersi sussistere con certezza un nesso eziologico tra le condotte omissive colpose certamente poste in essere dagli indagati e la morte dei 9 occupanti la villetta”.

Per configurarsi il reato di omicidio colposo bisogna accertare “se la condotta diligente doverosa avrebbe impedito materialmente l’evento. È necessario quindi che l’agente abbia potuto in concreto prevedere le conseguenze e la sua condotta è che queste fossero concretamente evitabili in base ad un comportamento diligente”.

Ed invece secondo il giudice, “ciò che va sottolineato in questa sede è che la immane tragedia che ha spezzato la vita di nove persone avrebbe interrotto il corso dell’assistenza di chiunque si fosse trovato in quei luoghi a transitare o a sostare per qualsivoglia ragione”.

D’altra parte ricorda il giudice che “è stato abbondantemente approfondito come gli insediamenti abitativi sui luoghi non abbiano alcun modo influito sulla genesi dell’onda e sulla portata devastatrice di essa. I periti hanno concluso sul punto affermando che la catastrofe causata dall’onda di piena non ha nulla a che vedere con l’antropizzazione dell’aria”.

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