Per i difensori, il sequestro milionario dei beni dei costruttori palermitani Rappa sarebbe nullo perché disposto con un decreto a cui era stata apposta una firma falsa.

Ma i giudici, chiamati a decidere se fare il passo successivo, ossia se confiscare i beni degli imprenditori in odore di mafia, non hanno condiviso la tesi.

E il rischio che il patrimonio finito sotto sequestro venisse restituito, per il momento, è scongiurato. I giudici della sezione misure di prevenzione, infatti, hanno respinto l’eccezione di nullità avanzata dal legale di Filippo Rappa, l’avvocato Raffaele Bonsignore.

Agli atti del processo, come chiedeva la difesa, però, sono state fatte entrare le intercettazioni disposte dai pm di Caltanissetta a carico dell’ex presidente della sezione, il giudice Silvana Saguto, nel frattempo finita sotto inchiesta per corruzione.

Il sequestro milionario era stato disposto dalla Saguto, ma per la Procura di Caltanissetta la firma messa sotto al provvedimento sarebbe stata messa da un altro giudice della sezione, Fabio Licata. Sia Saguto che Licata per questa vicenda sono indagati per falso.

Nell’intercettazione che sarà acquisita il magistrato chiedeva al collega di firmare per lei e dubbi sulla sottoscrizione sono stati avanzati anche dai consulenti della Procura nissena.

Per il collegio, però, non è abbastanza in quanto la consulenza, essendo del pm, è di parte e ancora sulla vicenda non c’è una sentenza. Il problema della nullità, dunque, è per ora rinviato. L’udienza è stata rinviata al 14 aprile.