Da simbolo della casta e dell’italico sperpero a vessillo della democrazia ‘tradita’. La tormentata storia delle ex Province siciliane ha avuto inizio a metà delle legislatura regionale precedente ed ha ampiamente attraversato quella che si avvia alla conclusione.

La telenovela comincia quando il Belpaese si appassiona alla lettura de ‘La Casta’ che diventa all’improvviso la nuova bibbia contro ogni spreco. Gli italiani, che sentono il morso della crisi, non ne possono più e da Roma a Palermo scatta la corsa ai tagli.

I primi colpi di forbice durante il governo Lombardo, quando Matteo Renzi era solo sindaco di Firenze e il mantra delle Riforme rimbombava solo nella testa di pochi: via 20 seggi dell’Ars (ma la riduzione si concretizzerà solo nella prossima legislatura), via il 20 per cento dei consiglieri comunali, ridotti tutti cda delle partecipate e giù il tetto dei compensi.

Il successore Rosario Crocetta comincia la sua stagione rinunciando all’ufficio stampa istituzionale e attivando lo spoil system dei dirigenti regionali, ma il colpo di scure più tranciante è quello riservato, in diretta tv, alle Province: spariscono. La cronistoria  dell’ultimo quadriennio ci dirà che dall’Ars sono passate quattro riforme e una quinta è ancora in corsa per chiudere o riaprire questa partita.

Le voci di un possibile ritorno all’elezione diretta nelle ex Province, infatti, solletica i vari esponenti di Sala d’Ercole anche quelli che fulminati dall’apparizione di Matteo Renzi sulla scena politica nazionale difendevano la ‘Legge Delrio’ quasi fosse uno dei 10 comandamenti ed oggi ricordando l’esito del referendum di dicembre ammettono che il ‘popolo è sovrano ed ha deciso che la Costituzione non si tocca’.

In effetti il popolo, specie in Sicilia, ha sonoramente bocciato la riforma che – anche per effetto della ‘Delrio’ – avrebbe garantito un seggio a Palazzo Madama ai sindaci metropolitani nel Senato delle Regioni, ma è altrettanto vero che la raffica di scadenze della stagione dei tagli innesca lo spettro delle trombature che verranno certamente prodotte dalle imminenti tornate elettorali.

Che fine faranno i venti che non potranno più sedere all’Ars o i consiglieri comunali che tentano la rielezione?

Certamente l’elezione diretta nelle (ex) Province restituisce la parola ai cittadini, ma è altrettanto vero che elimina pericolosi problemi di overbooking alle segreterie politiche dove non tutti, per logiche interne e per regole matematiche, possono divenire deputati, senatori, sindaci, assessori regionali o comunali!

C’è poi il tema amministrativo degli enti di area vasta, onestamente la questione più seria, che affiora puntualmente ad ogni emergenza (si pensi ai problemi dei giorni scorsi nelle strade e nelle scuole s prodotti dal freddo) e che ripropone le falle di una riforma che – come spesso accade in Italia – ha inseguito le mode e la pancia del Paese.