Le maestranze della Fondazione Teatro Massimo scioperano contro la cassa integrazione applicata nonostante le produzioni del teatro siano in corso e proclamano lo stato d’agitazione e lo sciopero per Cavalleria Rusticana, in programma al Teatro di Verdura, il prossimo 9 agosto nell’ambito della rassegna “Sotto una nuova luce”.
Con questa decisione il sindacato autonomo FIALS manifesta il proprio dissenso in merito all’accordo che la Fondazione Teatro Massimo ha sottoposto ai lavoratori. Accordo che prevede altre nove settimane di Fondo d’Integrazione Salariale con la possibilità di porre alcuni dipendenti in cassa integrazione, nonostante vi siano delle produzioni in corso, scardinando così uno dei capisaldi dell’attuale contratto collettivo nazionale.
“La fondazione aveva avuto accesso al fondo durante il periodo del lockdown per far fronte all’emergenza Covid 19. Oggi, nonostante le maestranze siano rientrate in teatro, viene chiesto l’accesso alla cassa integrazione per alcuni dipendenti e questo in un momento in cui il teatro continua a produrre”, spiega il segretario della Fials di Palermo, Antonio Barbagallo. Ma a rendere ancor più grave la questione sono i motivi che hanno portato la direzione del teatro ad avanzare questa richiesta. Ci sarebbe, infatti, un presunto ammanco di 6 milioni di euro dovuto al mancato incasso per via dell’emergenza Coronavirus. Una cifra notevole se si considera che la stessa è stata incassata nel 2019, nell’arco di dodici mesi, mentre nel 2020 sarebbe andata persa in soli tre mesi.
“Ma allora perché una fondazione che può incassare così tanto dalla propria attività produttiva si permette il lusso di bloccarla per quattro settimane nel periodo estivo, per poi ripartire a settembre, a ranghi ridotti, mettendo a rischio anche la qualità artistica – si chiede Antonio Barbagallo – la sensazione è che ancora una volta saranno i dipendenti a pagare una crisi sia in termini economici, sia in termini di diritti – prosegue il segretario provinciale – mentre la fondazione incasserà per altre nove settimane i contributi pubblici scaricando il costo del personale (77,7% dei costi totali) sull’inps, ovvero sulla collettività. A tutto ciò va sommato il blocco totale di tutti i tavoli di trattativa: da quello sull’integrativo allo spostamento del giorno di riposo, passando per la pianta organica e per le stabilizzazioni”.
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