Le gare finite nell’inchiesta Sorella Sanità erano quattro dal valore complessivo di 600 milioni di euro affidate dalla Centrale unica di committenza (Cuc). Una riguardava la gestione e manutenzione apparecchiature elettromedicali, bandita dall’ Asp 6 del valore di 17.635.000 euro. La seconda i servizi integrati manutenzione apparecchiature elettromedicali, bandita dalla Cuc del valore di 202.400.000 euro. La terza la fornitura vettori energetici, conduzione e manutenzione impianti tecnologici – bandita dal Asp 6 del valore di 126.490.000 euro.

Azzerato l’affidamento della gara da 227 milioni di euro

E infine la quarta i servizi di pulizia per gli enti del servizio sanitario regionale bandita dalla Cuc del valore di 227.686.423 euro. L’aggiudicazione dei dieci lotti di quest’ultima gara è stata annullata dal Tar di Palermo. Dodici i ricorsi presentati. I giudici amministrativi hanno azzerato l’affidamento alle società alla luce dell’inchiesta che ha portato agli arresti i manager della sanità e alcuni procacciatori di affari.

“Il Presidente della Commissione ha confessato il reato di corruzione – si legge nelle sentenze dei giudici – al fine di avvantaggiare nella gara le tre odierne controinteressate e così anche ha fatto l’amministratore e legale rappresentante che ha confessato di aver promesso denaro al fine di ottenere la collocazione al 1° posto della graduatoria di gara della stessa. Il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara”.

Da qui la decisione di annullare l’esito della gara. Adesso dovrebbero essere le società arrivate seconde ad aggiudicarsi parte dei lotti. Anche se alcune società coinvolte hanno già annunciato la presentazione del ricorso al Cga.

Le indagini del Nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza

Secondo le indagini eseguire dal Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria delle fiamme gialle palermitane –con intercettazioni telefoniche e ambientali, appostamenti, pedinamenti, videoriprese, esami documentali e dei flussi finanziari – hanno analizzato 4 procedure ad evidenza pubblica interessate da condotte di turbativa, aggiudicate a partire dal 2016, il cui valore complessivo sfiora i 600 milioni di euro.

“Ma tu non mi hai condiviso questo. Una volta che poi l’hai vinta non ci vediamo più e mi mandi a dire Roberto “mi inizia a mandare i soldi così mi tappi la bocca mi compri con i soldi” facendomi vedere che rispetti gli impegni, Salvo fammi dire però che è scontato però che è il cinque netti dei contratti dei grandi impianti”.

Parlavano così gli indagati intercettati dai finanzieri che hanno ricostruito che secondo le manovre nel corso degli appalti c’era un tariffario da rispettare: il 5% del valore della commessa aggiudicata. Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini le aziende che vincevano le gare, tra loro importanti società di livello nazionale, erano consapevoli che avrebbero dovuto pagare delle tangenti secondo uno schema preciso e consolidato.

Imprenditori e faccendieri interessati ai lavori

L’imprenditore interessato all’appalto avvicina il faccendiere, noto interfaccia del pubblico ufficiale corrotto. Il faccendiere, d’intesa con il pubblico ufficiale, concorda con l’impresa corruttrice le strategie criminali per favorire l’aggiudicazione della gara. La società, ricevute notizie dettagliate e riservate, presenta la propria “offerta guidata”, che sarà poi adeguatamente seguita fino all’ottenimento del risultato illecito ricercato.

Grazie alle condotte scorrette le aziende potevano contare sull’attribuzione di punteggi discrezionali, non riflettenti il merito del progetto presentato. La sostituzione delle buste contenenti le offerte economiche. Il pagamento di stati avanzamenti lavoro anche in mancanza della documentazione giustificativa necessaria. La diffusione di informazioni riservate, coperte da segreto di ufficio. I pagamenti delle tangenti in alcuni casi avvenivano con la classica consegna di denaro contante nel corso di incontri riservati, ma molto più spesso venivano invece mimetizzati attraverso complesse operazioni contabili instaurate tra le società aggiudicatarie dell’appalto e una galassia di altre imprese, intestate a prestanomi, ma di fatto riconducibili ai faccendieri di riferimento per i pubblici ufficiali corrotti. Per rendere ancora più complessa l’individuazione del sistema criminale approntato, gli indagati si erano spinti fino alla creazione di trust fraudolenti, con l’obiettivo di schermare la reale riconducibilità delle società utilizzate per le finalità illecite.

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