L’infertilità è un tabù. Il ricorso alla fecondazione eterologa è un altro tabù. Un tabù ancora più grande però, è la donazione di ovuli e di spermatozoi necessaria a molte coppie italiane per riuscire ad avere un figlio. Lo denuncia con una campagna lanciata provocatoriamente oggi, nella giornata mondiale dedicata alla genitorialità, CECOS Italia, l’Associazione Nazionale di Centri di Riproduzione Assistita nata nel 1984, che da sempre ha come mission istituzionale la promozione della donazione di gameti, che ha scelto Just Maria per dare voce e, soprattutto, immagine al suo grido di allarme.
La campagna
Cuore dello storytelling della video-campagna ideata e realizzata in Sicilia dalla video company nota per il video con protagonista la monoposto di F1 di Max Verstappen in giro per le vie di Palermo, è un immaginario Tabù Store. Un vero e proprio cortometraggio, uno sketch fuori dalle logiche della comunicazione tradizionale con protagonista un negozio. Un negozio sopra le righe, alla portata di chiunque sia alla ricerca di un argomento scottante di cui parlare sui social, sui giornali o semplicemente a un aperitivo con gli amici, in cui si vendono argomenti molto speciali: argomenti Tabù.
La storia
La storia, dai toni comedy, è semplice: una cliente particolarmente pretenziosa, entra alla ricerca di qualcosa di veramente scottante, un argomento “perfetto per rovinare una cena”. Un compito non facile per il venditore del negozio (abituato a servire di solito influencer, giornalisti…) che le elenca una serie di prodotti a sua disposizione: omosessualità, disabilità e sessualità, micropenismo, aborto. Tutti prodotti che, a detta della donna, “non sono sufficientemente al passo coi tempi”.
Passando in rassegna con estrema leggerezza molti dei tabù italiani, il venditore sembra trovare finalmente il prodotto giusto, il tabù dei tabù: l’infertilità. Un tabù diffusissimo (che riguarda il 20% delle coppie italiane) ma di cui nessuno parla: istituzioni, stampa, tv, politici; per non parlare della donazione di gameti, un vero e proprio miraggio per chi si occupa di Riproduzione Medicalmente Assistita o vi si affida.
Solo il 4% degli ovuli o degli spermatozoi utilizzati dalle coppie che faticano ad avere figli, provengono, infatti, da donatori italiani; il resto viene sistematicamente importato da altri Paesi. Tutto questo a fronte dei 100.000 trattamenti di riproduzione assistita che vengono realizzati annualmente in Italia e da cui provengono il 4,2 % dei nati. Fino a quando questo rimarrà un argomentò tabù, conclude il video, saranno proprio le coppie infertili a pagare le conseguenze economiche e sociali di un argomento che, politicamente e istituzionalmente, sembra non interessare a nessuno.
Il problema natalità
“È arrivato il momento di parlare apertamente di donazione di ovociti e di spermatozoi anche nel nostro Paese” afferma il Prof. Adolfo Allegra, palermitano anche lui e Presidente di CECOS Italia. “Con questa campagna speriamo non solo di portare all’attenzione della pubblica opinione le difficoltà che le coppie infertili, che devono ricorrere a tecniche con donazione di gameti, affrontano, ma anche di ispirare un cambiamento nella percezione del problema da parte di tutti e di promuovere le donazioni.”
Nonostante le cifre da record, una natalità ridotta ai minimi termini (379.000 nuovi nati nel 2023 in tutto il Paese) e il numero in aumento di coppie che fanno ricorso alla fecondazione eterologa, questa procedura rimane un percorso impervio e molto costoso. L’Italia, infatti, importa ben il 96% dei gameti dall’estero (dove spesso la pratica viene incentivata anche con indennizzi economici). Questa importazione pressocché totale comporta un aumento esponenziale dei costi che insieme alla disinformazione e a una cultura ostile rende tutto più difficile.
“Trattare con leggerezza un argomento delicato”
“La nostra campagna punta a trattare con estrema leggerezza un argomento che spesso è vissuto con grande apprensione da molte coppie. Questo ovviamente non per banalizzare la questione, quanto per ridicolizzare l’ipocrisia di istituzioni e politica e provare, chissà, ad attirare la loro attenzione” ha dichiarato Alessandro Albanese di Just Maria. “Abbiamo voluto lavorare su un linguaggio contemporaneo, che smontasse anche da un punto di vista linguistico questo e tanti altri tabù. È nella lingua che si annidano infatti contraddizioni e “censure” più o meno volontarie della nostra società. Visto il tema, abbiamo immaginato una comunicazione in cui le parole potessero ritrovare la propria forza, senza bavagli: da qui la scelta di un minutaggio lungo, fuori dai canoni classici del web e più nella direzione del “piccolo cortometraggio” sottolinea Carlo Loforti, insieme ad Albanese regista, autore e co-fondatore della video company che ha realizzato un progetto quasi interamente Made in Sicilia. Non solo per via del dna autenticamente siciliano dell’agenzia ma anche perché tutto è stato interamente prodotto e realizzato a Palermo con l’ausilio di una troupe quasi interamente composta da siciliani.
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