I grani antichi siciliani sono sotto attacco. Essi rappresentano un’eccellenza che tutto il mondo ci invidia per le straordinarie proprietà nutritive. Oggi in Sicilia risultano seminati a grano duro circa 290.000 ettari, ma di questi solo 3.000 sono coltivati a “grani antichi”. In appena un secolo, almeno un centinaio di grani antichi sono spariti dal paesaggio siciliano. Oggi ne sono sopravvissuti 52, grazie al lavoro lungimirante di pochi contadini-profeti, per decenni isolati, derisi quando non criminalizzati. Ma di recente è successo un fatto che definire assurdo è poco”.
E’ quanto dichiara l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Ignazio Corrao, autore di strenue battaglie parlamentari a tutela delle eccellenze agroalimentari del territorio. “Un attacco volgare e che potremmo definire quasi blasfemo – spiega Corrao -. La società «Terre e Tradizioni», con sede in Verona ha fatto recapitare a tutte le aziende siciliane, le quali commerciano prodotti contenenti il grano «Timilia», una lettera di diffida al fine di segnalare che la denominazione TIMILIA è un marchio registrato e invitare le aziende a cessare con effetto immediato l’utilizzo del nome Timilia. Nella seconda metà del secolo scorso il Timilia era giunto quasi alla totale estinzione, a causa della diffusione delle colture di massa con varietà limitate e di gran resa; oggi molti agricoltori siciliani, grazie alla maggiore sensibilità verso la coltivazioni più naturali e i prodotti biologici, hanno deciso di riprendere a coltivarlo, ricavando una farina naturale che ne fa un prodotto raro e pregiato. Il Timilia è oggi coltivato soprattutto da piccole aziende che producono prodotti tipici della tradizione siciliana. Il Timilia è menzionato, come frumento tipico siciliano, nella pubblicazione n. 9 del 1942, della Stazione Sperimentale di Granicoltura della Sicilia, dal titolo «I frumenti siciliani».
Non solo! La società veronese si è impossessata anche dell’utilizzo privatistico delle storiche denominazioni degli “ANTICHI GRANI SICILIANI” (Timilia, Maiorca, Russello…) e della stessa definizione generale di “ANTICHI GRANI SICILIANI”, tutti “marchi registrati” – dal 2013. Per questo motivo, al fine di evitare un danno economico gravissimo, insostenibile, per tutte le aziende siciliane che commerciano prodotti contenenti il grano siciliano Timilia, abbiamo chiesto alla Commissione un parere rispetto a questa ignobile pretesa e come intendesse tutelare i produttori siciliani della Timilia.
La risposta – sottolinea l’europarlamentare Corrao – della Commissione, per bocca del Commissario Vytenis Andriukaitis, è chiara: “un marchio d’impresa registrato può essere dichiarato nullo se esso è composto esclusivamente da segni o indicazioni che nel commercio possono servire a designare la specie, la provenienza geografica, o altre caratteristiche del prodotto. I produttori siciliani sono pertanto liberi di richiedere una dichiarazione di nullità del marchio in questione secondo le norme italiane in materia di diritto dei marchi”. Questo riconoscimento è sicuramente un passo in avanti significativo, ma è solo l’inizio. Poco importa se nel frattempo la società veronese ha rinunciato alla titolarità dei marchi proponendone la cessione “a un centesimo” alla Stazione sperimentale di granicoltura di Caltagirone (struttura della Regione Siciliana). Siamo alla follia. Vendere ai siciliani ciò che è già dei siciliani! Combatteremo questa battaglia attraverso tutti i livelli istituzionali, fino alla fine, al fianco del movimento contadino Simenza, che raggruppa i produttori dei grani antichi siciliani. L’obiettivo – conclude l’eurodeputato alcamese – è non solo la cancellazione dei marchi che rubano la nostra storia, ma anche una decisa politica di slancio e promozione della produzione dei grani antichi una volta al governo della Sicilia”.
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