Un’associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di truffe alle assicurazioni e lesioni personali aggravate è stata smantellata dal centro operativo Dia di Palermo, diretto dal colonnello Riccardo Sciuto.

Tra i dieci arrestati c’è anche l’ex pentito Salvatorre Candura, con Vincenzo Scarantino aveva fatto false dichiarazioni sulla strage Borsellino. Dopo essere stato espulso dal programma di protezione era tornato a Palermo, e si era dato da fare.

Organizzando un avviato giro di truffe alle assicurazioni, aveva coinvolto anche alcuni pregiudicati napoletani.

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L’indagine – coordinata dai pm Annamaria Picozzi, Claudia Ferrari e Gaspare Spedale – ha scoperto che l’organizzazione ingaggiava vittime da sfregiare, per 2000-3000 euro: tagli in faccia, braccia e gambe fratturate, l’inchiesta ha svelato retroscena crudi.

I complici andavano poi al pronto soccorso sostenendo di essere vittime di incidenti stradali.

I palermitani colpiti dal provvedimento restrittivo sono  Maurizio Furitano 46enne, Pietro Carollo 57enne, Francesco Paolo La Mattina 23enne,  Michele Todaro 25enne, Davide Scafidi 34enne, mentre i campani sono  Luigi D’onofrio 45enne, Ciro Ioele 45enne, CAMPAGNA Anna Campagna 35enne e  Luciano Rinaldi 44enne.

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Anna Campagna era  incinta di due mesi. La donna si sarebbe fatta sfregiare il viso con i cocci di una bottiglia per simulare di aver subito un incidente stradale.

Secondo gli investigatori, avrebbe avuto anche un ruolo attivo nella banda, reclutando altre persone disposte a subire sfregi e danneggiamenti in cambio di denaro, per simulare incidenti. In una intercettazione Campagna parla con il convivente rivelandogli che le era stato chiesto di “prestare” la figlia di 13 anni come finta vittima.

Le persone coinvolte come presunte vittime sono indagate. Solo alcune che hanno avuto anche un ruolo attivo nell’organizzazione, sono state arrestate.

L’indagine nasce da una denuncia di Candura che aveva sostenuto di aver ricevuto delle minacce a seguito della sua collaborazione con la giustizia.

Da accertamenti è, invece, emerso che il falso pentito era regista delle truffe e il punto di riferimento del gruppo, nell’ambito del quale si era imposto per la spregiudicatezza e per la capacità di organizzare, promuovere e dirigere un complesso e collaudato sistema che, attraverso finti sinistri stradali, consentiva ai membri dell’organizzazione di ottenere ingenti risarcimenti per i gravissimi danni fisici cagionati alle “vittime” (sfregi al viso, rottura di articolazioni ecc.).

Ogni sinistro fruttava all’organizzazione, in media, dai 20 ai 30 mila euro (la stima complessiva è di svariate centinaia di migliaia di euro), non considerando i costi sostenuti dal Servizio Sanitario Nazionale per le cure da prestare ai soggetti coinvolti.