Un incontro per affrontare il tema della dignità ferita delle donne, declinata in ogni sua fenomenologia. Nella Sala Piersanti Mattarella di Palazzo dei Normanni, nel corso della tavola rotonda “Dio salvi Eva”, si è parlato di stalking, femminicidio, violenza di genere, violenza domestica ma anche di prevenzione, poiché lo strumento meramente repressivo si è rivelato troppo spesso insufficiente.

Diverse figure professionali si sono confrontate nel corso dei lavori, moderati dal giornalista Sergio Capraro: Anna Maria Picozzi, procuratore aggiunto del Tribunale di Palermo, Rita Cedrini, docente di Antropologia culturale dell’Università di Palermo, Valeria Ajovalasit, presidente nazionale di Arcidonna, Maria Pia Farinella, giornalista, Daniela Faraoni, direttore Asp di Palermo, Patrizia di Dio, presidente Confcommercio di Palermo e Terziario donna, Giovanna Giaquinto, commissario capo e responsabile Misure di prevenzione personali.

Ad introdurre i lavori il direttore della Fondazione Federico II Patrizia Monterosso che si è spesa affinchè l’evento avesse un titolo connotativo.
“Abbiamo voluto osare – ha spiegato Monterosso – con un titolo forte che tira in causa Dio, ma anche il genere umano a partire da ciò che è divino sia per i credenti che per i non credenti, cioè la dignità. Bisogna riconoscere che la Chiesa ha saputo emanciparsi nei secoli da una un’interpretazione letterale della Bibbia, approdando al riconoscimento di una centralità dell’armonia fra uomo e donna; ogni lesione a tale equilibrio offende la dignità della donna. Papa Francesco ha detto che la donna per la Chiesa è imprescindibile. La nostra Fondazione ha scelto quali figure rappresentative sante come Rosalia e Caterina, ma soprattutto donne diventate icone di capacità di autodeterminarsi, la prima scegliendo l’esilio da questo palazzo, la seconda accettando il martirio. I diritti, purtroppo, non sono acquisiti sempre e non per tutti. Mentre nel percorso biologico l’evoluzione di ontogenesi e filogenesi coincide, nella dimensione socio-culturale non è cosi, allora noi siamo chiamati ad intervenire, ognuno con le nostre competenze, per andare oltre questi gap”.

Ogni chance per recuperare le opacità della nostra società rispetto alla pari dignità fra i generi, passa attraverso la consapevolezza culturale ma anche la prevenzione che, secondo Daniela Faraoni, dovrebbe essere anche di natura clinica:

“Dovremmo pensare – ha sottolineato la direttrice dell’Asp – alla prevenzione clinica, non soltanto per le malattie del corpo, ma anche nell’ambito della cura del pensiero e dei comportamenti umani, laddove si manifestano fragilità che andrebbero presi in carico, prima che si manifesti l’evento estremo. Penso alla possibilità di cure coattive da parte del sistema sanitario, verso soggetti con comportamenti violenti per cui la semplice repressione non si è rivelata del tutto efficace. È noto che alcuni uomini chiusi in carcere continuano a sostenere “appena esco l’ammazzo”, questi uomini sono affetti da patologie del pensiero e del comportamento, frutto di degenerazione davanti alle quale manteniamo uno stato di smarrimento. Mi chiedo perché questa società non debba porre atti di prevenzione anche in questo ambito che sarebbero possibili soltanto se tale istanza fosse recepita dal Legislatore”.

Valeria Ajovarasit ha parlato della sua esperienza nelle scuole dove Arcidonna ha promosso numerosi progetti non solo per spiegare, ma soprattutto per ascoltare come i giovani percepiscono tale fenomeno.

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