“Una sentenza ingiusta”, così reputano i familiari la decisione del giudice dopo 10 anni di processo per la morte di Valeria Lembo. “Sono stati clementi con i suoi carnefici, non con mia figlia che è la vittima. E un finale che ci lascia contenti a metà, lei non ha avuto la giustizia che meritava per le atroci sofferenze che le hanno provocato. Ci aspettavamo pene più pesanti e che andassero in carcere”. Queste le parole di Rosa Maria D’Amico, la madre di Valeria Lembo, la giovane mamma morta dieci anni fa per una fatale dose di chemio che le è stata somministrata al Policlinico in quantità esponenzialmente errata.

Una vicenda dolorosa

“É finita dopo 5 processi una vicenda triste e dolorosa”, commenta al Giornale di Sicilia l’avvocato della famiglia Lembo, Vincenzo Barreca. La sentenza di Cassazione ha scritto la parola fine al calvario della famiglia con la condanna del professore Sergio Palmeri, ex dirigente me dico in pensione (3 anni con l’affida mento in prova al servizi sociali): l’allora specializzando Alberto Bongiovanni (3 anni e 5 mesi) che, oltre alla possibilità di ottenere misure alternative al carcere, sarà interdetto dalla professione per due anni. L’oncologa Laura Di Noto (2 anni e 3 mesi, con interdizione dalla professione: ma quest’ultimo aspetto dovrà essere ancora rivalutato) non si accorse che quel 90 milligrammi scritto per errore sulla cartella era una dose abnorme, che avrebbe potuto uccidere un elefante. Oltre a fare scattare troppo tardi l’allarme sul malessere della paziente: passarono molte ore con Valeria in preda alle convulsioni per quella che fino all’indomani di quel terribile 7 dicembre 2011 fu trattata come una gastroenterite da chemio. Era però al terzo ciclo ed era sempre stata bene.

La madre, “Una montagna di bugie”

Valeria viveva a Portella di Mare con il marito e il figlio. Cinque mesi dopo il parto si accorse di un rigonfiamento tra il collo e la spalla e fece degli accertamenti. Era un linfoma allo stadio iniziale. Cominciò il ciclo di chemio al Policlinico. “In tutto quel tempo – ricorda la madre – non le era mai caduto un capello, mai un malessere. Quando ha iniziato a stare male quella sera abbiamo pensato che fosse l’effetto della chemio. Poteva starci. L’oncologa che la curava ha fatto diverse telefonate e le ha poi consigliato di andare al pronto soccorso”. Valeria finì i suoi giorni al Cervello. “In tutti questi anni – aggiunge la madre – abbiamo solo sentito una montagna di bugie”.