Palermo

La mafia comanda ancora non solo in Sicilia, ecco come si divide gli interessi criminali nel Paese

Nel versante orientale dell’Isola, il tratto caratteristico rimane la coesistenza di più componenti, variamente strutturate, sovente attraversate da fibrillazioni interne, che fino al recente passato non si erano manifestate con atti violenti. L’omicidio nell’aprile 2016 di un familiare di un pregiudicato, vicino al clan Ferranti, di Messina, ucciso da un esponente del clan Ventura non sembra, tuttavia, aver compromesso lo status di strategica non belligeranza tra i diversi clan, funzionale a quella silente strategia dell’inabissamento cui si è fatto cenno.

L’area geografica in argomento è stata, inoltre, interessata da un episodio di rilievo che ha riguardato, nel mese di maggio, con l’agguato a cui è miracolosamente scampato il presidente dell’Ente Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci.

L’azione della Dia è stata così incentrata sull’individuazione e l’aggressione dei patrimoni illeciti riconducibili a condannati o indiziati mafiosi, per neutralizzare l’operatività delle cosche, oltre che sul piano “militare”, anche e soprattutto su quello economico.

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I settori maggiormente interessati sono risultati quelli legati all’edilizia, ai trasporti e all’agroalimentare. In molti casi, le indagini hanno evidenziato anche l’attivismo di una vasta area grigia – composta da taluni imprenditori, professionisti, esponenti della politica o pubblici funzionari – che concorre, con diversi gradi d’intenzionalità specifica, al successo delle strategie mafiose.

Acuni soggetti avrebbero messo a disposizione dei sodali le propria professionalità o le stesse imprese, nell’intento di agevolare l’associazione, beneficiando, di contro, di alcuni “servizi” (protezione, liquidità, garanzie nell’aggiudicazione di appalti) che nelle prime fasi dell’“accordo” rappresentano una sorta di avviamento mafioso.

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L’organizzazione criminale tende ad avvalersi di figure investite di rappresentanza politico-amministrativa, condizionando così il buon andamento delle Amministrazioni locali, in ciò facendo anche leva sulla corruzione. Tutto questo comporta una ricaduta sulla collettività in termini di danno sia patrimoniale, notevolmente più ingente rispetto a quello provocato dal crimine comune, sia psicologico.

C’è poi il fenomeno delle estorsioni che colpisce indifferentemente piccoli e grandi operatori economici, ma anche cittadini comuni, costituendo una delle principali fonti d’introiti per far fronte alle spese correnti che l’organizzazione sostiene per il mantenimento dei sodali e per il funzionamento della macchina organizzativa.

Insieme all’estorsione, anche l’usura concorre ad alimentare un mondo sommerso, ove si compongono contrapposti interessi: l’urgenza di ripianare una fragilità economica della vittima, se da un lato soddisfa un’esigenza di finanziamento, dall’altro persegue ulteriori finalità, prima fra tutte quella di sostituirsi all’usurato nella conduzione dell’impresa o nel possesso dei beni immobili. Quest’ultimo, poi, verrebbe indotto alla restituzione del fido in diverse forme, anch’esse illecite, che prima facie sembrano integrare reati di tipo fiscale-tributario, quali, ad esempio, l’emissione o l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti o il versamento fittizio di contributi stipendiali a soggetti vicini alle cosche, ma che in realtà non sostengono alcuna prestazione lavorativa.

Appare fortemente esposto agli interessi della criminalità organizzata il settore delle scommesse clandestine, spesso praticate utilizzando reti informatiche e società estere.

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