Francesco Ioco non ha ucciso la sua compagna, Daniela Rincione. Su alcuni aspetti ha mentito alterando anche lo stato dei luoghi, ma l’uomo non ha commesso il delitto della donna di 50 anni nel suo appartamento di Baida la sera del 16 dicembre 2018.

Lo ha stabilito il giudice per le indagini preliminari Ermelinda Marfia che ha deciso di archiviare l’inchiesta per omicidio a carico dell’uomo, difeso dagli avvocati Giovanni Di Benedetto e Rosario Vento.

Secondo il giudice che ha accolto la richiesta formulata dalla Procura, la donna si sarebbe suicidata impiccandosi. Tesi alla quale la famiglia della vittima non ha mai creduto, al punto da coinvolgere sul caso anche la trasmissione “Chi l’ha visto?”.

“Non sono emersi elementi che comprovino un omicidio”

“Gli elementi acquisiti non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio – scrive il gip nel provvedimento – e non si ravvisano ulteriori utili attività espletabili”, inoltre “non sono emersi elementi idonei a ritenere si sia trattato di un omicidio”.

Aggiunge il giudice che “Ioco ha mentito su taluni aspetti della vicenda e ha mutato lo stato dei luoghi”, per cui “le diverse versioni fornite sono indice della non attendibilità e credibilità dell’indagato, ma non costituiscono per ciò solo – sottolinea il gip – prova della responsabilità in ordine alla morte della compagna”.

Peraltro “le condotte successive alla morte di Daniela Rincione possono essere state determinate dal timore di essere considerato autore dell’omicidio essendo egli l’unico presente in casa al momento del decesso”.

Il giudice spiega che “non vi è dubbio che dalle dichiarazioni dei vicini sia emersa la litigiosità tra Ioco e Rincione, verosimilmente legata alle vicende relative alla separazione dai rispettivi coniugi, purtuttavia il corpo di Daniela Rincione non presentava segni di colluttazione né altri elementi comprovanti una morte violenta”.

La prima versione di Ioco

La sera della morte della donna, madre di due adolescenti, in casa con lei c’era solamente l’indagato. Ioco ha raccontato che dopo una serata piacevole, trascorsa cenando e bevendo champagne, lui si era addormentato sul divano del salone. Quando si era svegliato, intorno alle 2, aveva trovato la compagna impiccata con una corda legata ad una scala di ferro. L’aveva, quindi, slegata cercando di rianimarla ma non c’era stato nulla da fare.

Anziché chiamare i soccorsi, aveva contattato il cognato, poliziotto, che era arrivato nell’abitazione assieme alla sorella della vittima, che era stesa sul divano sotto una coperta. Solo allora era stato lanciato l’allarme.

La nuova versione dell’indagato

Il cognato di Ioco aveva poi ricevuto uno strano messaggio Whatsapp dall’indagato: “Ciao Enzo, ti prego non mi isolare, sto impazzendo non ce la faccio, penso continuamente le stesse cose e so di essere responsabile di tutto, chiamami”.

I due si erano così incontrati e Ioco (registrato) aveva fornito un’altra versione dei fatti, dicendo di essere andato a casa di Rincione prima che lei arrivasse e visto che la donna aveva il desiderio di fare escursioni ed arrampicate, aveva pensato di farla esercitare in casa, disponendo delle fettucce in un’intercapedine tra delle travi in cucina, legandovi dei moschettoni nei quali aveva infilato una corda per poi agganciarvi un’imbracatura. Ma la donna non aveva voluto e quindi aveva sfilato la corda, lasciando i moschettoni alla trave. Quando si era risvegliato l’aveva trovata impiccata proprio lì, ma aveva deciso di simulare l’impiccagione alla scala.

La testimonianza dei vicini “Litigavano spesso”

I sospetti sull’uomo si erano fatti più pressanti anche perché i vicini avevano riferito di un rapporto litigioso tra i due. Liti che spesso culminavano in rapporti sessuali rumorosi. Una di loro aveva poi dichiarato di aver sentito una discussione accesa verso le 22.40.

L’autopsia “Impiccamento atipico e incompleto”

L’esito dell’autopsia ha messo in seria discussione l’ipotesi dell’omicidio, sostenuta dalla famiglia della vittima. Per il medico legale, infatti, si è trattato di “un impiccamento atipico e incompleto”, caratterizzato cioè “da un contatto parziale del corpo con il suolo e provocato da un cappio stretto da un cingolo posto in maniera non simmetrica rispetto alla radice del collo”.

Inoltre, sono stati esclusi come motivo del decesso sia lo strozzamento che il soffocamento. Nondimeno, il solco trovato sul collo della vittima era compatibile con la corda ritrovata nell’abitazione e su di essa c’era il materiale biologico della donna.

“Improbabile l’intervento di un estraneo”

Un altro elemento arriva sempre dalla valutazione del medico legale che ha ritenuto “possibile, seppure improbabile”, un’impiccagione con l’intervento di un estraneo: in questo caso, infatti, si sarebbero trovate anche le tracce di una resistenza da parte della vittima (segni di unghie sul collo, per esempio) per sottrarsi al cappio.

Inoltre, l’ipotesi che Daniela Rincione non fosse lucida quando sarebbe stata eventualmente uccisa, è stata scartata perché non sono state trovate tracce di droghe o altre sostanze nel suo sangue e il tasso etilico (0,34 mg/l) non era tale da determinare un’incapacità da parte della donna.

“Nessuna prova” per il gioco erotico finito male

Si è ipotizzato anche un gioco erotico, del tipo bondage, finito in modo tragico, battendo sul fatto che Ioco avesse consultato con il suo cellulare alcuni siti porno nei giorni precedenti alla morte di Daniela Rincione, ma sia per il pubblico ministeri che ora per il giudice non vi sarebbero elementi a sostegno di questa tesi.

A marzo 2021 chiesta archiviazione

La Procura aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo il 26 marzo dell’anno scorso. La famiglia della vittima si era poi opposta nel maggio successivo, ma il gip oggi ha fatto sue sia le tesi del pubblico ministero che quelle dei difensori di Ioco decidendo di chiudere il caso ed escludendo che Daniela Rincione sia stata vittima di un omicidio.