Ventisei indagati a Lampedusa fra ex amministratori, funzionari comunali e imprenditori. Due anni dopo il sequestro al Comune di determine e atti su appalti e concessioni, l’inchiesta – svolta dai carabinieri della compagnia di Agrigento che si sono concentrati sul periodo 2019-2021 – e’ stata conclusa.

Le indagini

Si ipotizza un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro la pubblica amministrazione, abuso d’ufficio, concussione e peculato. Gli indagati, attraverso i legali di fiducia, adesso avranno 20 giorni per chiedere di essere interrogati o presentare memorie difensive per provare a evitare la richiesta di rinvio a giudizio. Fra gli indagati, l’ex sindaco delle isole Pelagie Salvatore Martello, l’ex vicesindaco Salvatore Prestipino e i dirigenti dell’Utc e dei Lavori pubblici, rispettivamente Giuseppe Di Malta e Manlio Maraventano. Al centro dell’inchiesta l’appalto per i lavori di manutenzione della rete fognaria della maggiore delle isole Pelagie e delle stazioni di sollevamento. Secondo gli investigatori, l’ex sindaco Martello avrebbe affidato tramite determine dirigenziali dei lavori all’impresa del fratello, tant’e’ che gli inquirenti gli contestano l’abuso d’ufficio.

La replica di Martello

“La procura agrigentina mi pare abbia preso un abbaglio. Sostiene che io abbia affidato lavori a miei parenti quando il compito del sindaco non è fare gare e dare affidamenti ma dare l’indirizzo politico. Le determine le fanno i dirigenti. Si parla di determine di 1000 euro o 500 euro che sono sempre dirigenziali. Dimostrerò nelle sedi opportune qual è l’abbaglio che ha preso la procura nei miei confronti e della mia famiglia. I miei familiari non hanno mai avuto rapporti con l’amministrazione di Lampedusa”. Lo dice l’ex sindaco delle Pelagie Totò Martello che è tra i 26 indagati, fra ex amministratori, funzionari comunali e imprenditori di Lampedusa, per cui viene ipotizzata un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro la pubblica amministrazione, abuso d’ufficio, concussione e peculato.

Arrestato ex sindaco di Capo d’Orlando

La guardia di finanza ha arrestato l’ex sindaco di Capo D’Orlando Enzo Sindoni per bancarotta fraudolenta. L’operazione ha fatto luce su tre società del settore delle comunicazioni, della commercializzazione degli agrumi e della gestione di una società sportiva di basket. L’indagine condotta dalle fiamme gialle di Capo d’Orlando, sotto la direzione dalla Procura di Patti. E’ durata oltre due anni attraverso cui è stato possibile individuare l’imprenditore “quale unico artefice delle ipotesi di bancarotta”. Secondo l’accusa si sarebbe avvalso di “false contabilizzazioni e distrazioni dirette di somme societarie sui propri conti correnti personali”. In buona sostanza sulla base dell’inchiesta avrebbe operato da amministratore di fatto delle società, portandole volutamente al fallimento. Per riuscirci avrebbe svuotato dei beni le società da far fallire per distrarre i fondi su nuove realtà imprenditoriali. In questo modo la strategia messa in atto era quella di aggirare fisco ed eventuali debitori a qualsiasi titolo.

Intercettazioni telefoniche

Le indagini sviluppate anche attraverso le intercettazioni telefoniche. Secondo l’accusa si sarebbe documentato come “l’imprenditore amministrasse le società, assieme ad altre tutt’ora attive, attraverso diversi prestanome”. Senza mai apparire quindi come effettivo rappresentante legale. Accertati, nel dettaglio, circa 86 milioni di euro di debiti, in gran parte con l’erario, causando un ingente ammanco per le casse pubbliche”.

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